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Venerdì, 19 Aprile 2024
C'era una volta il Foggia

C'era una volta il Foggia

A cura di Alessandro Tosques

Da Zemanlandia al ritorno in B: ‘Giuanin’ Stroppa, l’uomo che ha fatto innamorare Foggia due volte

Giovanni Stroppa, ex giocatore e ora allenatore del Foggia, che ha portato la compagine rossonera in serie B dopo 19 anni. Quattro volte in nazionale e un gol nella finale della coppa Intercontinentale

Mulazzano (Wikipedia docet) è un piccolo comune della provincia di Lodi. Lì, il 24 gennaio di 49 anni fa nacque Giovanni, ‘Giuanin’ per i più intimi. Nessuno lo sapeva in quel momento, che quel bimbo sarebbe diventato uno dei personaggi simbolo della cittadina. Una celebrità conquistata a forza di grandi giocate, assist deliziosi, gol di classe e trofei vinti.

Giuanin di cognome fa Stroppa. Il destino tempo dopo avrebbe deciso che in due diverse fasi della sua vita quel ragazzo lodigiano avrebbe stretto un legame viscerale con una città del sud distante circa 750 km. Ma Stroppa, prima di scrivere un pezzo significativo della storia del calcio foggiano, ha il tempo di mettere la sua impronta nelle file di uno squadrone che tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 avrebbe cambiato un po’ di cose nel mondo pallonaro. Perché Giuanin cresce nel Milan, e dopo due anni in prestito nel Monza, società satellite, torna nella sua squadra di proprietà. Non sarà titolare fisso (e d’altronde era difficile avendo davanti campioni come Donadoni, Rijkaard, Gullit), ma riuscirà a prendersi le sue soddisfazioni. Come in quel 9 dicembre del 1990 in quel di Tokyo, quando realizzò il secondo dei tre gol con cui i rossoneri regolarono i paraguaiani dell’Olimpia Asuncion, in Coppa Intercontinentale.

Milano darà il via al suo nomadismo calcistico. Roma (sponda biancoceleste), Foggia, Udine, Piacenza, Brescia, Genova (sponda rossoblu), Alzano, Avellino, poi di nuovo Foggia e la chiusura a Chiari. A 26 anni il suo approdo in Capitanata, nella sua prima esperienza nel Mezzogiorno (la seconda sarà ad Avellino, ma finirà male). La piazza calorosa, l’entusiasmo dello Zaccheria, e quel tecnico silenzioso ma piuttosto esigente, cultore di un calcio spregiudicato quanto entusiasmante. Il Foggia e Stroppa si fanno reciprocamente bene: perché quella stagione sarà la migliore per la squadra (che sfiorerà la Uefa) e per ‘Giuanin’ che otterrà le sue prime quattro e ultime esperienze in Nazionale, con Arrigo Sacchi. A quel Mondiale che consacrerà la stella di Roberto Baggio non parteciperà, ma sarà titolare nelle gare di qualificazione.

A Foggia sono legate grandi giocate e prestazioni sontuose. Il personale ricordo finisce guarda caso su quel famoso gol direttamente da calcio d’angolo in un Foggia-Piacenza di aprile. Avevo quasi 10 anni, e la bassa statura in un settore in cui i grandi stanno tutti in piedi, era un problema. Eppure quella parabola velenosa da calcio d’angolo, ‘drogata’ da un vento compiacente, riuscii ad ammirarla. Di quella gara, che fu anche la mia prima in uno stadio, ricordo anche il rigore che Stroppa fallì di lì a poco, e un comico capitombolo di Roy nel gabbiotto della panchina.

La magia durò il tempo di una stagione: Stroppa tornerà a Milano, mente il Foggia perderà Zeman e un anno dopo anche la serie A. Stroppa torna a Foggia due lustri dopo, ritrovandolo in serie C1, fresco di fallimento. Lui e Lulu Oliveira avrebbero dovuto trascinare la squadra di Giannini e Coccimiglio, ma i problemi fisici del primo e la condizione atletica imbarazzante del belga fecero saltare i piani. Quell’esperienza si concluse con la messa in mora per il mancato pagamento degli stipendi, ma in un Foggia-Reggina del gennaio 2005, affiancando proprio Coccimiglio dopo l’allontanamento del ‘Principe’, sperimentò per la prima volta la panchina come allenatore. Il Foggia vinse 2-1.

Nel 2007 cominciò ufficialmente la sua carriera da allenatore. Ancora il Milan a fare da prologo, con l’esperienza nelle formazioni giovanili. Nelle sue idee di calcio, il frutto della ventennale esperienza da calciatore, e l’influenza di tre figure diverse ma ugualmente determinanti: la zona esasperata ed esasperante di Sacchi, il calcio ultra offensivo e verticale di Zeman, l’equilibrio di Capello.

Passeranno altri due lustri e un po’ prima di ritrovarlo in Capitanata. Stavolta non in campo, ma nel più complicato ruolo di allenatore, in una situazione ancor più complessa per via del fresco divorzio tra De Zerbi e la società e per alcune esperienze in panchina infelici, che ne avevano offuscato l’appeal. Il resto è storia. “Questa maglia la sento sulla pelle” ha precisato in più di un’occasione. Sentimento confermato con i fatti, e consolidati dai risultati. La storia del Foggia riparte proprio da ‘Giuanin’, per risultati ottenuti sul campo, il giocatore più bravo che il Foggia abbia mai avuto. E da oggi anche uno dei più bravi allenatori.

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