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Lo 'schiaffo' di Casa Sankara al caporalato: pomodori coltivati e raccolti nei terreni del centro, filiera etica e più corta

Accorciare la filiera per eliminare lo sfruttamento e il caporalato: il claim di Casa Sankara in collaborazione con la cooperativa campana Due Palme

Un progetto di inclusione che parte proprio dai braccianti; evitare di andare a lavorare nelle campagne dove si viene sfruttati. L’idea è quella di coltivare il terreno circostante Casa Sankara, circa dieci ettari, impiegando gli stessi abitanti del centro di accoglienza, in modo da evitare ogni tipo di caporalato. Semina, produzione e raccolto a cura di Mbaye Ndiaye e dei “suoi uomini”.

Il prodotto raccolto (stimati circa 10mila quintali) passa poi nelle mani della cooperativa campana Due Palme, della famiglia Ferrara che a sua volta affida la produzione, come spiega Salvatore Ferrara, presidente della cooperativa, alla Conserve Italia di Bologna che ne produrrà il prodotto finito. Un progetto che elimina alcuni passaggi che sono poi quelli che schiacciano il lavoratore 'obbligato' ad accettare anche una paga misera.

Al momento sono 24 i ragazzi impiegati nella raccolta; alcuni assunti da subuto, altri regolarizzati dalla “sanatoria” del Ministro Bellanova.

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