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Residenze per anziani e disabili, i vecchi modelli vanno cambiati: "Il dopo Covid impone una rivoluzione"

La proposta progettuale di Spi Cgil Foggia: villaggi ecosostenibili sul co-housing rafforzato. No all'isolamento, sì al recupero delle relazioni e a strutture inserite nel contesto sociale

“L’attuale modello di assistenza nelle Residenze Sanitarie per anziani e disabili, alla luce di quanto messo in evidenza dall’emergenza coronavirus, è totalmente da ripensare e riorganizzare”. E’ quanto sostengono attraverso una lunga e dettagliata proposta progettuale l’architetto Pasquale Mininno, già dirigente del settore urbanistico del Comune di San Severo, e Franco Persiano, segretario generale SPI Cgil Foggia. Un progetto, quello proposto, che dovrà essere condiviso e fatto proprio da istituzioni, strutture sanitarie e Comunità, con l’insieme delle realtà associative, del mondo delle cooperative, del Terzo settore e delle imprese. La “base di partenza” è quella del co-housing, ma attraverso un rafforzamento di quel modello. “Servono nuove residenze dove gli anziani e i disabili non siano più isolati dal contesto familiare, sociale e cittadino. Residenze che prevedano non solo servizi come mensa, lavanderia, sale comuni di ricreazione e intrattenimento, palestre, biblioteche, attività commerciali, pubblici esercizi, ma anche ambulatori con personale specializzato come medici, infermieri e operatori socio sanitari. Non si potrà prescindere dal pensare agli anziani anche nei casi in cui nella stessa famiglia siano presenti diversamente abili. Bisogna garantire la continuità delle relazioni intime e sociali. Proprio per questo motivo è necessario che venga superato l’attuale sistema di confinamento in strutture come le case di riposo per anziani e disabili. Il co-housing abitativo potrà essere una vera alternativa solo se l’esame sarà condotto nei confronti dei singoli componenti della famiglia, rispettando le specifiche esigenze e studiando le singole patologie e peculiari condizioni sociali”. Sul sostegno ai disabili, il “Durante e Dopo di noi” stenta a partire in modo concreto e risolutivo e le strutture realizzate finiscono per manifestare gli stessi limiti di tutte le altre. Occorre che le istituzioni affianchino e accompagnino le famiglie in un percorso personalizzato per l’intero percorso di vita del diversamente abile. Oggi viene lasciato alle famiglie il compito di orientarsi sia per ottenere una corretta diagnosi che per operare verso una giusta terapia. L’attuale modello di assistenza nelle strutture è pensata in modo da dividere i componenti della famiglia confinandoli in spazi che mortificano le relazioni. Serve un nuovo modello organizzativo tra welfare e sanità, che non sia affidato al privato ma a gestione pubblico–privato. L’Edilizia residenziale pubblica dovrà riprogrammare il suo ruolo e rapportarsi al welfare con il resto delle componenti sociali. “Con tutto il patrimonio edilizio esistente abbandonato, che  può essere utilmente recuperato, è inutile pensare di realizzare nuove abitazioni per avere ancora quartieri ghetto privi di servizi e non inseriti nei contesti urbani. La rigenerazione urbana può essere l’approccio più appropriato ed esteso, oltre che alle periferie, anche ai centri storici e, comunque, nelle zone della città dove maggiore è evidente l’esigenza di rigenerare non solo il patrimonio edilizio esistente ma anche i rapporti sociali. Cercare di integrare nel progetto di co-housing anche eventuali figli disoccupati per impiegarli nei servizi e nelle attività dei programmi residenziali può rappresentare una occasione lavorativa per i giovani e l’unità familiare. Le Regioni, per questo progetto, hanno un ruolo cardine per garantire il coordinamento tra gli aspetti urbanistici, del welfare e della sanità”. La proposta si basa su una progettazione partecipata che interessi e coinvolga i futuri residenti, gli operatori sociali e sanitari del territorio, i rappresentanti dell’edilizia residenziale pubblica, gli operatori dei servizi privati e pubblici da includere nel programma e, naturalmente, i soggetti che realizzano e quelli che gestiscono il progetto, oltre ai tecnici progettisti e agli esperti delle discipline coinvolte”. Nella proposta progettuale, che sarà lanciata probabilmente in autunno attraverso una serie di convegni e incontri con le istituzioni, i sindacati, il mondo del terzo settore e quello imprenditoriale, le scuole e i rappresentanti della Sanità territoriale si delinea una strategia dettagliata per la realizzazione di un Villaggio Ecosostenibile. Gli interventi per gli anziani e i disabili non possono continuare a essere a compartimenti stagni: le fasi di diagnosi, cura, riabilitazione e vita nel contesto devono essere osservate contestualmente e con l’opportuna programmazione e pianificazione da tutti i soggetti interessati. Gli aspetti sanitari e sociali devono essere un tutt’uno con le istituzioni scolastiche e culturali in genere. “Stiamo lanciando la proposta a cui presto dedicheremo anche una pagine specifiche sui social per illustrarla e discuterla”.

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