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In Puglia migliora la qualità dell'aria

Con la sola eccezione dell'ozono, valore influenzato dalla collocazione geografica. È quanto emerge dal primo Rapporto nazionale sulla qualità dell’aria presentato dall'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra).

In Puglia nel 2019 non si registrano superamenti del valore limite giornaliero del Pm10 ed è tra le dieci regioni italiane in cui il valore limite annuale per la protezione della salute umana relativo al biossido di azoto è rispettato in tutte le stazioni di monitoraggio. L'unica criticità evidenziata è l'ozono: i superamenti riguardano buona parte del territorio regionale. È quanto emerge dal primo Rapporto nazionale sulla qualità dell’aria presentato dall'Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (Ispra).

"Continua il processo di miglioramento della qualità dell’aria in Puglia", afferma Vito Bruno, direttore generale dell'Arpa Puglia, agenzia che ha partecipato attivamente ai gruppi di lavoro che hanno contribuito alla redazione del documento elaborato dal Sistema nazionale per la protezione ambientale (Snpa).

Ilenia Schipa, ingegnere del Centro regionale Aria dell’Arpa Puglia, ha illustrato uno studio (Analisi modellistica di source apportionment sullo stato della qualità dell’aria della Regione Puglia a 4 chilometri di risoluzione) focalizzato sulle sorgenti delle emissioni, valutandone i contributi alla formazione dei livelli di concentrazione degli inquinanti in aria. Rispetto ai livelli di concentrazione di biossido di azoto, nello studio si evidenzia che "il settore predominante che contribuisce alle concentrazioni è, come atteso, il traffico, in particolare su buona parte del territorio barese e foggiano dove il contributo percentuale supera in alcuni punti il 90%". Per quanto riguarda, invece, le polveri sottili Pm10, "il contributo maggiore è dovuto all’utilizzo di biomassa legnosa per il riscaldamento degli edifici, che arriva, in termini percentuali, fino all’80% nel mese di gennaio, riducendosi poi al 5-10% nel mese di luglio. A seguire, vi è il contributo delle sorgenti emissive indicate con il termine 'resto' che raggiunge in alcuni comuni del foggiano e dell’entroterra barese valori di concentrazione in gennaio ed in luglio fino ad un massimo di 10 microgrammi per metro cubo, con un contributo percentuale fino all’80% sia d’estate che di inverno". Per 'resto' si intendono tutte le sorgenti emissive che non siano il traffico stradale, il riscaldamento residenziale con biomassa legnosa e l'industria.

"In Puglia, nel 2019, come già nel 2018, non sono stati superati i limiti normativi per nessuno degli inquinanti – sottolinea il direttore generale di Arpa Puglia - Unica eccezione è rappresentata dall’Ozono che, tuttavia, ha caratteristiche peculiari rispetto alle altre sostanze normate dalla legislazione comunitaria e nazionale. La sua formazione, infatti, è favorita dalla collocazione geografica, cioè dalla maggiore insolazione tipica delle regioni del Sud”.

Per quasi tutti i valori degli inquinanti (a parte l'ozono), si osserva una generale tendenza alla diminuzione delle concentrazioni. Per quanto riguarda il biossido di azoto, prodotto da processi industriali e dagli scarichi dei motori a combustione interna, il valore più basso in Puglia è stato registrato in provincia di Foggia, nel sito San Severo-Azienda Russo.

“Il miglioramento della qualità dell’aria, in media, nel 2019 – aggiunge Bruno - è il frutto del combinato disposto di controlli più numerosi, innovazione tecnologica nelle attività produttive ed una maggiore sensibilità per la tutela ambientale che ci auguriamo continui a crescere tra cittadini e operatori economici. Bisogna tenere alta l’attenzione e proseguire in questa direzione, mantenendo costante il livello qualitativo di monitoraggi e di controlli”.

L'Arpa Puglia ha indagato anche gli effetti del lockdown che ha generato un sensibile calo delle concentrazioni di inquinanti nell'aria. “Gli effetti maggiori, in Puglia, si sono riscontrati per gli inquinati traccianti dalle emissioni veicolari – conclude Vito Bruno - , quali il biossido di azoto e il benzene. Per il biossido di azoto, il calo di concentrazione è evidente in tutti i siti analizzati. Anche per il benzene si osserva una generalizzata riduzione di concentrazione durante il periodo di lockdown, che persiste anche nei mesi successivi specie nelle stazioni di Bari, Brindisi e Lecce. Per il Pm10 e Pm 2.5 il calo di concentrazione dovuto alle misure restrittive è meno evidente. Questi inquinanti, d’altra parte, dipendono da molteplici variabili quali le condizioni meteoclimatiche, le avvezioni di polveri desertiche o le reazioni tra precursori. Tuttavia, per il Pm10 si osserva, in ogni stazione, una lieve diminuzione delle concentrazioni nel mese di aprile (in pieno lockdown), che continua ad essere osservata anche nei mesi di giugno, luglio e agosto 2020”.

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