rotate-mobile

C'era una volta l'Ovile Nazionale di Foggia: oggi è una struttura fatiscente, c'è chi vuole rilanciarlo

Presentato ieri a Foggia il libro di Roberta de Iulio, architetto e dottore di ricerca in “Storia e archeologia globale dei paesaggi”

È stato presentato ieri pomeriggio, 'L'ovile nazionale di Foggia, storie e prospettive', il libro di Roberta de Iulio, che a poco più di cento anni dalla sua istituzione avvenuta nel 1921 e a pochi anni dalla chiusura conclusasi definitivamente nel 2016, propone una riflessione sulla storia secolare di una delle realtà più importanti della Capitanata e sulle soluzioni che potrebbero salvare il patrimonio architettonico e paesaggistico di un luogo altamente rappresentativo dei paesaggi storici del Tavoliere, soprattutto quelli legati all’organizzazione territoriale della plurisecolare amministrazione della Dogana della Mena delle pecore di Puglia, ma anche di quelli generati dalle riforme agrarie che hanno investito la Capitanata nel corso del XX secolo.

Un sito che, già ricompreso nella pianificazione d’area vasta, secondo l'autrice oggi potrebbe rispondere a nuove funzioni di utilità pubblica per l’intera comunità provinciale, sia in termini di fruizione, che di riappropriazione della propria identità storica e culturale.

Roberta de Iulio, di Foggia, è un architetto e dottore di ricerca in “Storia e archeologia globale dei paesaggi”. Partecipa a progetti di recupero e valorizzazione delle risorse territoriali della Capitanata, con particolare riferimento alla riqualificazione dei paesaggi della transumanza.

Dal 2021 è assegnista di ricerca presso l’Università di Foggia ed è componente del gruppo tecnico-scientifico incaricato di predisporre il Documento di valorizzazione dei tratturi della Regione Puglia.

Cos'è stato l'Ovile Nazionale di Foggia

L’Ovile Nazionale di Foggia, situato a poca distanza da Borgo Segezia, nasceva nel 1921 e si occupava dell’allevamento, del benessere, dell’alimentazione, della riproduzione delle razze ovine italiane, con attività prevalenti nei settori della ricerca scientifica, come testimoniato dalla grande mole di pubblicazioni effettuate da varie università italiane.

L’Ovile si estendeva su una superficie di quasi 400 ettari destinati in massima parte al pascolo delle pecore, ed anche alla coltivazione di cereali, foraggio ed olive.

Nei numerosi edifici che caratterizzavano la parte abitata, oltre alle abitazioni dei dipendenti e delle loro famiglie, che tra l’altro si auto producevano tutto il cibo che occorreva loro attraverso orti, aie e frutteti, c’erano ovviamente le stalle, i laboratori, le aree destinate alla mungitura ed alla lavorazione del latte, il mulino, i capannoni, i silos, le aree di allevamento di polli, fagiani e molto altro.

Alcune strutture, come ad esempio il caseificio e l’area di mungitura, erano state recentemente dotate delle migliori tecnologie per garantire i requisiti di salubrità e qualità delle produzioni.

Il Governo decise di cessare le attività del centro di ricerche foggiano trasferendo, nell’agosto del 2016, tutte le 600 pecore presso la sede di Bella, a Potenza, e di trasferire tutto il personale presso il Crea di Foggia (Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria).

Disperdendo così un patrimonio animale ed umano d'inestimabile valore, probabilmente ufficializzando la definitiva perdita culturale della secolare transumanza delle pecore che interessava i nostri territori.

Video popolari

C'era una volta l'Ovile Nazionale di Foggia: oggi è una struttura fatiscente, c'è chi vuole rilanciarlo

FoggiaToday è in caricamento