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Errare humanum est, perseverare autem diabolicum

Gli spari di Capodanno e la catena di solidarietà nei confronti del presidente del Consiglio comunale di Foggia dimissionario Leonardo Iaccarino. L'editoriale del direttore responsabile Massimiliano Nardella.

A giudicare dal Capodanno scoppiettante di Capitanata, il 2021 non è cominciato con i migliori auspici e le immagini per nulla edificanti di 'pistoleri' che inneggiano alla malavita, di gente comune o finanche di rappresentanti delle istituzioni che da balconi e finestre impugnano armi ed esplodono colpi, poco importa se veri o a salve, se da armi vere o giocattolo, sono indicativi della realtà in cui viviamo.

A rendere ancora più fosco il percorso di rinascita civile e culturale nella terra della 'Quarta Mafia' diventata il "nemico numero uno dello Stato", atteggiamenti disdicevoli, altri violenti e altri ancora inammissibili. Frigoriferi che volano, cassonetti che saltano in aria, bombe davanti agli esercizi commerciali. 

Nella categoria degli inammissibili vi rientra quello del dimissionario presidente del Consiglio comunale di Foggia. Inammissibile per la stragrande maggioranza dei foggiani ma evidentemente non per le persone a lui più vicine.

Da una parte c'è la città che condanna e prende le distanze dallo squarcio provocato dall'immagine che ritrae Iaccarino padre e figlio, la notte di Capodanno, esplodere alcuni colpi a salve da un balcone.

Episodio che ha riaperto il dibattito non solo sul ruolo delle istituzioni, su come ci rappresentano e su come invece dovrebbero rappresentarci, ma anche su tutta una serie di comportamenti sbagliati e inopportuni.

Dall'altra i partecipanti alla catena di solidarietà che hanno derubricato i "colpi" di Iaccarino ad una semplice goliardata o ad un errore.

A costoro sfugge che il gesto di impugnare e puntare un'arma qualsiasi contro qualcosa o qualcuno, oltre che diseducativo, è scimmiottare personaggi di una nota fiction che per quanto ci si possa sforzare di capirla, di educativo credo abbia ben poco.

Sarà sicuramente sfuggito, altrimenti non si spiegherebbero alcuni commenti, che nelle stesse ore, nel quartiere Candelaro, si sparavano colpi in aria per inneggiare alla malavita foggiana. Con tanto di riprese e video pubblicati sui social.

Chi difende l'uomo e il vigile del fuoco ne ha tutto il diritto, ma nell'economia del suo personale giudizio, non può non tener conto del ruolo che Iaccarino, al momento del fattaccio, ricopriva a palazzo di città. La seconda carica istituzionale di Foggia dopo il sindaco. Men che meno non può non ricordare delle intenzioni del consigliere comunale di voler ambire a diventare il sindaco della città capoluogo di provincia.

A chi sta alimentando la catena di solidarietà non sfuggano nemmeno alcune risposte del presidente del Consiglio comunale dimissionario contro chi sui social gli fa notare come quel gesto abbia leso l'immagine del capoluogo dauno.

Così imbarazzanti che non le riteniamo "meritevoli" di pubblicazione. Non sia mai che a qualcuno passi per la testa di derubricarle ad un errore o ad una goliardata.

La sola idea che chicchesia possa bearsi a vedere certe immagini o addirittura a farsi riprendere e a scherzarci su, in una terra martoriata, vessata e colpita al cuore dalla potenza delle armi, di farlo oltrettutto nel momento più difficile della nostra vita, ci suggerisce due cose: la prima è che Leonardo Iaccarino non fosse pronto per ricoprire un incarico così importante - e che farebbe bene anche a trovare una maniera molto più convincente per chiuderla qui - la seconda è che chi oggi lo difende o in qualche maniera ci prova, semplicemente sbaglia. Sarebbe altresì inaccettabile e inopportuno un dietrofront sulle dimissioni.

D'altronde, errare humanum est, perseverare autem diabolicum.

Non si può sottacere di fronte ad un gesto tanto incomprensibile quanto inopportuno, per come è maturato, per il contesto e per i ruoli che Iaccarino ricopre, quello di presidente del Consiglio comunale e di vigile del fuoco, il mestiere più apprezzato dalla totalità degli italiani e dei foggiani.

Era necessario prendere le distanze senza se e senza ma.


 

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