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'Landscape 3' sulla facciata della Pinacoteca: è la prima volta di Iacurci sui muri della sua Foggia

L'opera realizzata sulla pinacoteca Il 9Cento è l'ultimo di una serie di lavori dell'artista di fama internazionale. Ispirata anche dal contesto in cui nasce, è stata completata nell'arco di venti giorni

Landscape n° 3 è il titolo dell'opera d'arte urbana che porta la firma di Agostino Iacurci, realizzata sulla facciata della Pinacoteca comunale 'Il 9Cento' di Foggia. È l'ultimo di una serie di lavori dell'artista di fama internazionale: il primo è stato commissionato dal Festival internazionale di musica Life is Beautiful a Las Vegas, Landscape 2 è visibile, invece, sulla facciata del Pastificio Cerere di Roma, oggi fondazione artistica, fino a conclusione dei lavori di restauro.

Di stanza a Berlino, Agostino Iacurci, classe 1986, è nato a Foggia e la sua arte è impressa per la prima volta sulle pareti di un edificio della città. Il Comune di Foggia ha partecipato a un bando della Regione Puglia e l'assessorato alla Cultura con Anna Paola Giuliani allora in carica ha scelto lui. L'opera (nella foto di Domenico d'Alessandro) è completa, ma per saperne di più i foggiani hanno dovuto scavare nell'albo pretorio del Comune commissariato, senza comunicazioni di rito né la soddisfazione di una cerimonia. È lui a raccontarla.

"In questa nuova serie di lavori sono giustapposti elementi architettonici e geometrici, con un'iconografia, solitamente vegetale, legata al territorio, alla sua storia e a quella dell'edificio stesso - spiega Agostino Iacurci - In questo caso, mi ero ispirato a delle olle daune per alcuni elementi vegetali che avevo osservato nelle mie ricerche e che avevo avuto modo di vedere anche da ragazzino. Mi avevano segnato i motivi un po' alla Matisse. L'elemento che somiglia a un lampione con la palla bianca ricorre nelle stele daune: è stato letto anche come un papavero, legato probabilmente a dei riti magici o religiosi del mondo preromano".

È facilmente riconoscibile la spiga di grano, di un giallo intenso, tra le iconografie legate al paesaggio della Puglia "inteso nel senso più contemporaneo", perché per lui il paesaggio è anche culturale e ambientale. "L'opera stessa è un pezzo di paesaggio".  

La scelta dei colori dipende anche dal contesto e dall'osservazione di tutto quello che lo circonda. È la "tavolozza dell'intorno": "Cerco di dialogare con quello che vedo. Ho lavorato principalmente con l'arancione, il rosso mattone un po' pompeiano, il giallo, le terre e l'azzurro: colori molto mediterranei".

Come la dobbiamo chiamare: street art, murales?

Arte, opera di arte urbana, dipinto monumentale, wall drawing. Street art parla di un altro tipo di interventi, perché questo ha un committente pubblico. Non ha nulla a che vedere con i principi della street art, l'idea di ribellismo antisistema. È un'opera di arte pubblica.

Nel progetto presentato dal Comune di Foggia in risposta all'avviso pubblico erano previste installazioni a led. Saranno applicate o l'opera è completa?

Il progetto era stato scritto molto tempo prima e si pensava di illuminarla, ma l'architettura è così ben illuminata che non è stato necessario fare ulteriori interventi. È piena di luci che vanno solo accese.

Probabilmente avrà avuto modo di leggere alcune critiche sui social e la delusione espressa dal figlio dell'architetto Pino Casolaro, che precisava di non addebitare alcuna colpa all'autore dell'opera. Cosa sente di dire?

Posso solo dire che io ho cercato di fare tutto nel massimo della trasparenza chiedendo al Comune di essere messo in contatto con le persone che avevano progettato la pinacoteca. In questo caso, l'architetto era deceduto e appena ho saputo del figlio ho contattato anche lui. Abbiamo avuto un bellissimo scambio privato. Lui mi ha spiegato che le sue rimostranze riguardano, più che il mio intervento, il trattamento riservato alla memoria del padre. Ho cercato di lavorare in un modo che, pur nella natura aggressiva del murales, dialogasse molto con l'architettura, evidenziasse gli elementi preesistenti e le forme. Il colore gioca con lo schema compositivo dell'architettura, non va ad annullarlo.

C'era un progetto che la riguardava su via Montegrappa: erano previste due opere d'arte urbana su altrettanti edifici. Che fine ha fatto?

L'idea era di realizzare un po' tutto insieme però, a questo punto, mi viene da pensare che bisogna procedere un passo alla volta, capire la città come reagisce, anche in virtù di quello che è successo. Anche se devo dire che la maggior parte delle persone ha apprezzato il lavoro e continua a farlo. E poi è normale e sano che non tutti siano d'accordo.

Da quanto tempo non tornava a Foggia?

Come artista, per realizzare un nuovo intervento, da anni: questo è il primo vero intervento. Però, nel 2019 ho donato alla città due sculture che sono state posizionate al Teatro Giordano e dovrebbero essere anche ripresentate dopo la riapertura. Prima, devo dire anche colpevolmente, non tornavo perché non ne ho avuto l'occasione e avevo altri impegni.

Si sente valorizzato dalla sua città?

Non credo nell'idea che la città debba valorizzare. Ho scelto di fare un lavoro che, quando ho iniziato, non aveva un suo ambiente naturale a Foggia, nel senso che non ha una tradizione e un sistema dell'arte, e sono andato a cercare di svilupparlo dove ho trovato un sistema dell'arte che è nel resto del mondo. La città mi ha dato quello che mi poteva dare. Ci sono dei premi, dei riconoscimenti che mi ha assegnato sin dalla giovane età, delle opportunità che mi ha offerto, compresa questa. In questo caso è un bando regionale, ricevo in privato grande supporto dai miei concittadini. Una città che non ha un sistema dell'arte, come fa a valorizzare gli artisti? È come un medico che vive in una città senza ospedali: è chiaro che debba andare dove c'è un ospedale. Però, non ho nulla da dire, non mi sono mai sentito trascurato o non valorizzato.

Qual è il messaggio che vuole trasmettere alla sua città con Landscape 3?

Il mio è un lavoro di visioni: l'artista rende visibile qualcosa che prima non lo era. Quindi voglio dire che è importante continuare a fare uno sforzo di immaginazione e di visione. Esercitare l'immaginazione, sempre.

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