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Coronavirus e autismo, rischio isolamento più alto per i bambini: "Le istituzioni ci diano una mano"

Appello della dott. Mariana Berardinetti, che invita caldamente istituzioni e enti a porre attenzione sull’ulteriore isolamento totale i bambini autistici. Un problema che in questo momento di emergenza pandemica per Covid-19 sta affliggendo ancor di più chi è portatore di questa condizione

'Non isoliamo ancor di più i bambini autistici'. Il titolo è il messaggio esplicito che la dott.ssa Mariana Berardinetti, esperta nella gestione del comportamento nei disturbi dello spettro autistico e nei disturbi oppositivi provocatori, rivolge alle Istituzioni. Una missiva lanciata a sindaci e assessori alle politiche sociali dei comuni d’Italia che dovrebbero essere sensibili a una condizione che affligge migliaia di bambini e famiglie comprese.

Il documento è stato scritto come invito a chi ha mezzi e strumenti per cercare di non tenere nell’ulteriore isolamento totale i bambini autistici. Un problema che in questo momento di emergenza pandemica per Covid-19 sta affliggendo ancor di più chi è portatore di questa condizione. Difatti, in questi giorni commissioni varie in materia si dovranno riunire per stabilire le procedure e i progetti da attuare nei confronti delle disabilità. Qual miglior momento per affrontare il problema esposto e restituire a questi ragazzi e alle loro famiglie serenità.

“La fase 2 è iniziata e ci rassicura con le parole chiavi mascherine, guanti e distanze, ovviamente sono strumenti validi per il contenimento del contagio e per favorire la convivenza civile e sociale con il virus, in attesa che venga individuato un percorso sanitario di immunizzazione o cura. Le famiglie hanno paura di far entrare operatori nelle proprie case e i bambini e i ragazzi non accettano facilmente i dispositivi di protezione individuale. Terapisti e genitori stanno cercando di introdurre gradualmente i DPI ai bambini/ragazzi/giovani adulti con autismo o disabilità, solo che per alcuni, l'utilizzo di guanti e mascherine rappresenta una difficoltà nella difficoltà, e come nel caso di disabilità sensoriali esempio bambini sordi addirittura limita le capacità comunicative e relazionali.

Trovarsi davanti ad un uomo o una donna che indossano la mascherina – spiega la Berardinetti – può destare timore nella persona con Autismo, demenza, disabilità cognitiva/sensoriale. Inoltre, le persone con demenza possono rifiutare l’aiuto degli operatori o familiari che indossano i dispositivi di protezione per il semplice fatto che non li riconoscono”.

"È dunque fondamentale non agire solo con il desiderio di ripartire ma combinare le nuove misure con la co - progettazione dei servizi assistenziali ascoltando prima di tutto i diretti interessati (approccio bottom-up), al fine di garantire ad ogni singolo cittadino con disabilità pari opportunità rispetto ai cittadini senza disabilità. Mai come in questo momento occorre una profonda e rivalutazione dei modelli assistenziali, riabilitativi e di comunicazione. Le misure che tutti noi possiamo adottare per sostenere le famiglie dei disabili devono basarsi sul sostegno e questo è di fondamentale importanza per evitare che le famiglie si sentano ancora più sole. Tutti noi al di là delle competenze professionali potremmo sostenere le famiglie, consegnando al bambino o al ragazzo con autismo o disabilità esperienze significative, in un rapporto sereno con le persone che gli sono accanto e con l’ambiente in cui è inserito. La relazionalità è alla base di ogni intervento e di ogni proposta esistenziale vissuta. I comuni potrebbero organizzare all’interno di spazi controllati e facilmente accessibili (senza barriere architettoniche) dei giardini di città con le dovute precauzioni (attivando magari centralini gratuiti per prenotarsi e mobilitando operatori esperti nel sociale). I giardini di città proprio per la loro predisposizione potrebbero proporre attività di stimolazione motoria basale, laboratori senso-percettivi, laboratori musicali, utili a compensare la mancanza di esperienza dovuta all’isolamento da Covid19. Per gli educatori e i terapisti la ripresa degli interventi educativi o terapeutici deve essere graduale e senza suscitare timore o reazioni avverse nei propri utenti. Occorrerà dunque un lavoro meticoloso, basato su strategie cognitivo comportamentali, training mirato all’apprendimento dell’utilizzo dei Dpi in maniera contestualizzata, utilizzando strategie d’intervento per la modifica del comportamento. L’operatore dovrà riorganizzare i setting terapeutici ed evitare di sottoporre il ragazzo a eccessivi stimoli o eccessive richieste. Dovrà riorganizzare meticolosamente l’ambiente ed il contesto, creando spazi adeguati e puliti da distrattori. Durante il setting – conclude l’esperta – l’operatore dovrà Spiegare le ragioni per cui è necessario indossare i dpi, utilizzando modelli imitativi (fai come me), e rinforzando positivamente il bambino/adulto tutte le volte che emette un comportamento che si avvicini a quello target (chaining). Nel rapportarsi ai ragazzi con Autismo e disabilità non bisogna dimenticare di utilizzare un tono di voce calmo, lento, dare semplici spiegazioni che aiutino la persona a tranquillizzarsi, la postura del corpo deve essere contestualizzata al tono della voce, soprattutto se stiamo chiedendo al bambino/ragazzo /adulto/anziano uno sforzo complesso, cioè quello di dover indossare i DPI, che andranno a stimolare sensazioni tattili e perché andremo a chiedere di mettere in atto dei comportamenti completamente fuori dalla routine”.

La dott. Mariana Berardinetti, che lavora a Pisa, ma è originaria di Monte Sant’Angelo (FG), educatrice professionale socio-pedagogica ed esperta in psicopatologie dell’età evolutiva, oltre che tecnico del comportamento e Ccounselor, lo scorso 28 settembre, a Monte Sant’Angelo, presentò un suo libro ‘Guardare oltre lo Spettro…’, un incontro organizzato dall'associazione MontecreativA, dove affrontò il problema dell'autismo infantile, dell'inclusione scolastica e dell’empatia. “Ho scritto questo libro – commentò la dott. M. Berardinetti – per parlare della condizione autistica, sensibilizzare, in questo caso, docenti e insegnanti sulla neurodiversità. Una condizione vista come una ricchezza e non come una disabilità”.

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