Carolina Picchio aveva solo 14 anni quando decise di togliersi la vita. Non poteva più sopportare i messaggi umilianti che riceveva quotidianamente. Una "perforazione" umana alla quale non riusciva più a opporsi. Quel video che la ritraeva in una festa, priva di sensi - forse per aver bevuto troppo - e molestata da alcuni ragazzi, ci mise poco a diventare virale. Ancor meno a rovinare la sua esistenza e quella della famiglia. Dal novembre del 2012 alla notte tra il 4 e il 5 gennaio 2013, la normale vita di una normale adolescente, si trasformò in un Inferno. Carolina quella notte di inizio gennaio decise che l'unico modo per uscirne fosse farla finita.
A lei, nel 2017, fu dedicata la legge contro il bullismo e cyberbullismo, entrata in vigore ufficialmente il 18 giugno 2017.
Paolo Picchio, il papà di Carolina, cinque anni fa ha fondato la Fondazione Carolina, e gira le scuole di tutta Italia per raccontare il dramma di sua figlia. Perché quello di Carolina non è un caso isolato. Perché il fenomeno del cyberbullismo è attuale, vivo. E serve indottrinare i giovani, far comprendere loro la gravità delle conseguenze che si possono generare con l'uso di un semplice smartphone.
"Le parole fanno più male delle botte. Ciò che è accaduto a me non deve più succedere a nessuno", è l'eredità che Carolina ha lasciato, nel biglietto di addio a suo padre. Parole che devono far riflettere.
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