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“Rossoneri per sempre”, la storia del Foggia in mostra al Museo del Territorio

Pino Autunno: "Non è soltanto un'iniziativa di carattere sportivo, ma un'autentica operazione socio-culturale". In ogni pannello una formazione legata ad uno scorcio della città. Presenti Ordine e Del Neri

Quaranta pannelli fotografici che condensano le tappe più significative dei primi novant'anni dell'U.S. Foggia. Quaranta formazioni tra quelle che con le loro vittorie sul campo hanno impresso un segno indelebile nella storia della squadra rossonera. Quaranta squadre, collocate all'interno di altrettanti luoghi significativi della città di Foggia, quasi a creare un ideale suggello tra la squadra e la sua città; un rapporto simbiotico che si manifesta nelle analoghe condizioni in cui spesso si trovano a convivere le due realtà. Come quella attuale, che vede da una parte una città caduta nelle sabbie mobili di una grave crisi economica, politica e sociale, e dall'altra una squadra di calcio ancora preda di un passato glorioso sempre più lontano, al quale corrisponde un presente assai cupo. Una provincia relegata all'ultimo posto nella classifica nazionale della vivibilità, e una squadra che annaspa nei torbidi bassifondi della Lega Pro.

Ieri mattina è stata presentata presso il Museo del Territorio ''Rossoneri per sempre'', la mostra fotografica organizzata dall'assessorato allo Sport della provincia di Foggia in collaborazione con Pino Autunno, giornalista e già autore di un' accurata ed approfondita enciclopedia sul Foggia. Insieme a lui, all'assessore provinciale Rocco Ruo, al presidente Pepe e all'assessore alla Cultura Billa Consiglio, hanno presenziato due volti storici del calcio e del giornalismo di casa nostra, come Luigi Del Neri, ex allenatore di Chievo, Porto, Roma, Atalanta, Sampdoria e Juve, che nel corso della carriera di calciatore ha militato per ben cinque anni nel Foggia, e il giornalista foggiano de ''Il Giornale'' Franco Ordine.

Nel corso della conferenza stampa di presentazione, Autunno ha raccontato la genesi di quella che non è una semplice iniziativa di carattere sportivo, ma una vera e propria "operazione socio-culturale".  L'associazione, in ogni pannello, di una formazione ad uno scorcio della città, oltre a riportare alle menti le gesta sportive dei tanti campioni che hanno indossato la ''sacra maglia'' (come l'ha definita Franco Ordine, ndr), mette in risalto i luoghi più significativi di Foggia, raccontandone la nascita, e l'evoluzione, la storia.

Rossoneri per sempre, la mostra di Pino Autunno

E così il Foggia di Baiano, Rambaudi e Signori campeggia all'interno del Teatro Giordano, quello del 1966-67 appare all'interno dell'Ippodromo, o ancora il Foggia di Del Neri, Pirazzini e Bordon collocato presso Piazza del Pozzo Rotondo. Tra i luoghi immortalati, anche alcuni spazi che ora non ci sono più, per raccontar meglio la Foggia che è esistita.

Nelle parole di mister Del Neri i ricordi della sua esperienza in Capitanata: "Arrivai a Foggia a 22 anni, in prova per un mese. Poi fui ingaggiato e ho ancora vivo nella mente il giorno dell'esordio in serie B, quando battemmo il Bari. Ho un grande ricordo della città, piacevole, vivibile, familiare. In quel periodo ho imparato a vivere lontano da casa, ad apprezzare e coltivare i rapporti di amicizia".

Poi un commento sul calcio di un tempo che ora non c'è più: "Spesso capitava che per mesi non si percepisse lo stipendio, che si accumulassero gli arretrati. Era un calcio diverso, si coltivavano di più i rapporti tra i compagni. Si andava a mangiar fuori, in trattoria, c'era la possibilità di cementare i rapporti, non solo tra di noi, ma anche tra le nostre famiglie. Anche il rapporto con l'allenatore era diverso; c'erano meno tatticismi, la figura del mister era più vicina a quella di un papà che amministrava", ha concluso.

FOGGIA...E I SUOI MITI

Pregne di speranza le parole di Ordine, che ricorda gli anni del dopoguerra, nei quali la rinascita e la crescita del Foggia, coincisero con la voglia di rilancio di una città gravemente colpita dalla guerra. Il calcio era lo specchio della società, che in quel periodo viveva la grande voglia di rialzarsi, di uscire dall'isolamento nel quale viveva. Poi un pensiero sul presente e sul futuro:"Il primo passo da fare è cercare di recuperare quei valori che ci hanno contraddistinto negli anni della ricostruzione. Dobbiamo ritrovare lo spirito, la voglia e il coraggio di non cedere alla tentazione di andar via, e porsi un interrogativo, pensando non a quello che la città può fare per noi, ma a quello che noi possiamo fare per essa", ha concluso.

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