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Martedì, 16 Aprile 2024
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Agromafie, un business di miliardi di euro

L'ultimo rapporto Coldiretti/Eurispes snocciola cifre straordinarie di un nuova malavita. A rischio anche le eccellenze foggiane del settore enogastronomico. Colpa anche del vuoto normativo

Non serve ricorrere al dizionario, nè tanto meno alla  più argute etimologie della parola, il termine agromafie si spiega benissimo da solo. Se il made in Italy enogastronomico è una delle eccellenze che rende il nostro Paese grande nel mondo e traina la nostra economia, la delinquenza nello stesso settore pare sia diventato ormai uno dei business più redditizi per la malavita. E purtroppo in crescita.

 A denunciarlo è la Coldiretti con il rapporto “Agromafie” sui crimini agroalimentari in Italia, elaborato insieme a Eurispes e presentato a Cernobbio nel corso del Forum Internazionale dell'Agricoltura e dell'Alimentazione. Il volume d’affari complessivo di quello che viene definito come agromafia si attesta a ben 14 miliardi d’euro, registrando un aumento del 12%.

Il comparto agricolo e alimentare, insomma, sono diventati prioritari per le organizzazioni malavitose che sono riuscite a mettere le mani su questo tesoro dell’economia nostrana. I numeri sono impressionanti ed è tutto il Paese a esserne danneggiato, e anche per la Puglia è una ferita non da poco. E Foggia tra le più importanti per tradizione enogastronomica. La qualità dei suoi prodotti tipici locali è famosa in tutta Italia. E la Bella della Daunia, il limone femminello del Gargano, il Dauno, l’Arancia del Gargano o il Canestrato Pugliese, sono solo alcuni dei prodotti registrati Dop, IGp e Stg, - all11 ottobre 2013 – sul sito del Ministero delle Politiche Agricole, Almentari e Forestali.

“È peculiarità del moderno crimine organizzato estendere con approccio imprenditoriale il proprio controllo dell’economia invadendo i comparti che si dimostrano strategici ed emergenti” spiega Gian Maria Fara, Presidente dell’Eurispes, nell’introduzione al Rapporto.

“In questa opera di infiltrazione, afferma sempre Fava, le mafie stanno approfittando della crisi per penetrare anche nell’imprenditoria legale, visto che quello dell'agroalimentare rimane un comparto vivo, a differenza di altri, perché del cibo, anche in tempi di difficoltà, nessuno potrà fare a meno quali che siano le circostanze e indipendentemente dalle congiunture economiche. Controllano in molti territori la distribuzione e talvolta anche la produzione del latte, della carne, della mozzarella, del caffè, dello zucchero, dell’acqua minerale, della farina, del pane clandestino, del burro e, soprattutto, della frutta e della verdura”.

Nel 2011 i Nas dei Carabinieri hanno effettuato 38.696 ispezioni accertando ben 22.206 infrazioni (+8%). Le infrazioni più ricorrenti in ambito penale sono state le frodi in commercio (21% delle violazioni contestate) e la detenzione o somministrazione di alimenti in cattivo stato di conservazione (36% delle violazioni). Le regioni con il più alto numero di reati riguardanti il settore agricolo sono state Lazio e Campania rispettivamente con 2.091 e 2.011 reati. Di ben 1.558 aziende confiscate alle mafie, oltre 90 erano attive in ambito agricolo; dei 10.563 beni confiscati, ben 2.500 erano terreni con destinazione agricola.

La Guardia di Finanza, inoltre, nel solo 2012 ha sequestrato prodotti alimentari per un totale di 10.649.040 chili ed effettuato, fra l’altro, controlli del settore “Frodi comunitarie-Aiuti all’agricoltura”. Proprio in questo ambito, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Sicilia sono le regioni che hanno registrato una prevalenza di fenomeni fraudolenti riguardanti l’indebita percezione o richiesta di contributi europei per l’agricoltura.

Secondo il Rapporto, uno dei fattori che hanno permesso alle organizzazioni criminali di allungare i loro tentacoli anche su questo settore, fondamentale per il nostro Paese, si riscontra sicuramente nei vuoti normativi lasciati dalla legislazione nazionale ed europea. Prima di tutto, l’assenza di regolamenti chiari in materia di origine, soprattutto nell’ambito dei beni primari.

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