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Vendola continua a prendersi gioco del Pd, si spaccano i democratici di Capitanata

Piena fiducia del Partito Democratico al governatore, ma lui nomina Giovanni Giannini ai Trasporti. Paolo Campo contro "Il disegno politico di Nichi". Dino Marino contro il segretario provinciale

Storditi, sottomessi, sbeffeggiati. Non una ma ben due volte dal presidente Nichi Vendola. Escono alla spicciolata dalla sede di via Taranto dove il Pd di Capitanata ha riunito la direzione provinciale. Avrebbe dovuto essere la riunione della presa di posizione, forte, nei confronti di Vendola che solo una settimana fa aveva completamente mortificato il Partito Democratico, bypassandolo e scegliendo da sé la nuova giunta. Per carità, prerogativa del presidente. Ma operata in un tempo così rapido e poco opportuno (il Pd regionale era riunito per discutere proprio del rilancio dell'azione di governo in direzione regionale) da apparire un vero e proprio blitz. Una provocazione.

E le ragioni rilasciate da Vendola alla Gazzetta qualche giorno fa sono apparse ancor più mortificanti ed imbarazzanti per il partito di maggioranza relativa che governa la Regione Puglia. Il segretario pugliese Sergio Blasi aveva timidamente tentato di porre un freno, di restituire un sussulto di dignità politica al suo partito: "gli assessori non accettino gli incarichi" aveva tuonato in una nota, "non prima di averne discusso collegialmente".

A parte le sbavature (Gentile e Capone avrebbero firmato subito le nomine), il resto dei "nominati" aveva quindi congelato l'accettazione dell'incarico. Peccato che quella che avrebbe dovuto essere la discussione collegiale di un intero partito (da tenere evidentemente domani, giorno in cui è convocato la seconda riunione della direzione regionale) è stata una discussione di pochi vale a dire del solo gruppo consiliare del Pd alla Regione Puglia, il destinatario immediato delle eventuali dimissioni, minacciate, di Vendola.

I consiglieri evidentemente non ci stanno a concludere anticipatamente la legislatura. E dopo 5 ore di riunione tumultuosa (assente proprio Blasi, per motivi di salute) decidono per tutti e vergano nero su bianco la resa: "Piena fiducia a Vendola" scrivono in una gelida nota approvata all'unanimità anche coi voti dei foggiani Dino Marino e Franco Ognissanti, "ma Vendola tenga a 10 la giunta, attesa la rinuncia di Decaro e Stanisci, e si impegni a ridurre gli esterni". Parte proprio da qui il secondo "ceffone". Acquisita ufficialmente la rinuncia di Decaro, Vendola non si scompone e nomina subito il sostituto: Giovanni Giannini, attuale assessore comunale al Bilancio al Comune di Bari, promosso in un lampo ad assessore regionale ai Trasporti.

Vendola pesca sempre dal vivaio di Emiliano, per molti il vero deus ex machina dell'operazione giunta, assieme al presidente. La doccia è gelata per il Pd di Capitanata che proprio in quelle ore era riunito in una sofferta direzione provinciale per chiedere "conto" e "perché" ai consiglieri regionali di ritorno da Bari. In via Taranto il clima è da funerale. Ci si guarda in faccia. Apre la direzione Paolo Campo per il quale il disegno è ormai chiaro: "Vendola ha un disegno politico preciso. Essere concorrente del Pd e diventare il leader nazionale del centrosinistra.  E la nostra responsabilità sta nell'avergli consentito di rafforzarsi su questo percorso".

Una riflessione amara, tardiva secondo alcuni. Troppo. L'alleato di ieri diventa il nemico di oggi. "Abbiamo il documento del gruppo consiliare della Regione che pone il tema dei costi della politica. Ma Vendola non ne ha tenuto conto". Seguono gli interventi, feroci, di Dino Marino contro il segretario regionale, reo di aver pensato più ai nomi (forse il proprio?) che ai programmi, e contro il governatore. Marino annuncia le dimissioni dalla direzione provinciale "per dare un segnale urgente di cambiamento" (azione, per alcuni, dal significato essenzialmente propagandistico ma che nei fatti non modifica nulla) e in serata, su facebook, chiederà le dimissioni di Campo “o – minaccia - convocherò un’assemblea provinciale per azzerare la direzione”.  

L’analisi del voto è un cahier de doleance contro Vendola e le sue ambizioni politiche, contro un governo regionale che ha scontato gravi deficienze  (Bordo, Pezzano, Colangelo, Castelluccio) ma anche contro un Pd che glielo avrebbe permesso. Perché il Pd nella sconfitta alle urne ha la sua grave colpa. "Quotidianamente il governo regionale procede a nomine che hanno effetti su gran parte dei territori" tuona il segretario di San Giovanni Rotondo Salvatore Mangiacotti. "Stasera provate la frustrazione che proviamo noi nei circoli" ammette Maria Elena Ritrovato. Quindi il mia culpa di Campo.  "Abbiamo la responsabilità di aver costruito un partito feudale".

Scarsa connessione coi territori, coi circoli, coi temi sociali che stanno a cuore ai cittadini, col rinnovamento, un partito "che ha smarrito la capacità di essere parte attiva del confronti politico andando oltre l'ambizione personale". "Meno 350mila voti nelle urne, il peso specifico della Primavera pugliese: abbiamo perso il dialogo con pezzi della società civile" ammette Marino. Un confronto acceso, amaro. Ma anche molto franco, di quelli che non si vedono più in politica.

Di questo al Pd di Capitanata, in particolare al suo ufficio comunicazione, impegnato nel pomeriggio in un infaticabile lavoro di trasparenza per portare all'esterno il dibattito, bisogna dar atto. "Io ho molte responsabilità - riconosce il segretario provinciale - ho un'eccessiva inclinazione a tenere insieme le ragioni di tutti e forse non sono adeguato a questa fase". "Credo – conclude -  che si possa trovare una soluzione armoniosa che rilanci il partito in una fase delicata fino al congresso. Soluzione a cui siamo chiamati ad applicarci".

Chi lo conosce sa che probabilmente nei prossimi giorni potrebbe anche gettare la spugna ma il segretario provinciale non ci sta a passare per il capro espiatorio. Inchioda il suo partito alle responsabilità di ciascuno. Probabilmente nei prossimi giorni farà una dichiarazione pubblica. Cosa dirà solo lui può saperlo. Questi giorni gli serviranno per riflettere. Riflettere anche sul fatto che probabilmente il Pd non ha oggi un'altra guida della stessa caratura. Bisognerà lavorare, insieme, fino ai prossimi congressi.

Nel frattempo, quanto potrà durare questa guerra guerreggiata con Vendola è interrogativo che preoccupa la Puglia. Un obiettivo, intanto, i democratici lo hanno ottenuto. E non piccolo se è vero  che tra le righe del documento approvato oggi si legge un chiaro messaggio al governatore: "Resta a Bari a governare la Puglia perché non ci sono alibi per un disimpegno, almeno da parte nostra". 

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