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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

Morti bianche in Capitanata, Rizzi Sel: “Pronti a discutere le nostre proposte con tutti”

"Siamo pronti a discutere le nostre proposte con le forze politiche, sindacali, movimenti, associazioni, che vogliano farlo al netto della retorica e con la massima positività"

Il segretario provinciale di Sel, Domenico Rizzi, interviene sulle morti bianche in Capitanata richiamando le forze politiche e istituzionali a un maggiore senso di responsabilità e sollecitando una prospettiva programmatica sul tema del lavoro nero e degli incidenti sul lavoro.

“Si chiamavano Benedetto Tucci (44 anni), Leonardo Carafa (52 anni), Antonio Splendido (51 anni), Pietro Sicuro (35 anni), Domenico Formillo (28 anni). Sono alcune delle vittime della provincia di Foggia sul fronte del Lavoro. Una strage silenziosa ed inesorabile che conta una media nazionale di più di 3 decessi al giorno (1180 nel solo anno 2012), alcuni dei quali fatti passare per 'tragiche fatalità' occorse durante prestazioni d'opera di natura amicale, al fine di mascherare una condizione contrattuale non propriamente regolare. Dall'inizio dell'anno 2013 sono documentati 104 lavoratori morti per infortuni sui luoghi di lavoro. Il 42% sono morti in edilizia, il 20% in agricoltura, l'8,9% nell'industria e l'8,6% nell'autotrasporto. In tanti muoiono anche nei servizi. Se si aggiungono i morti sulle strade (in itinere), si superano le 200 vittime (dati de “L’Osservatorio Indipendente di Bologna morti per infortuni sul lavoro”, aggiornati ad Aprile 2013).

Come sappiamo, sia il lavoro nero che l'alta incidenza di morti bianche sono piaghe storiche della nostra società e del nostro Paese: due problematiche tragicamente convergenti che ci devono indurre a riflettere sulle reali condizioni di civiltà del sistema economico attuale: sul perché, dal dopoguerra in poi, nessuno abbia mai voluto/potuto affrontare con determinazione risolutiva queste tematiche, limitandosi sempre e solo alla sterile stigmatizzazione episodica senza proporre e realizzare soluzioni concrete. Ma, a parte ciò che non è stato fatto in passato, é evidente che anche i (pochi) odierni mezzi di contrasto al lavoro nero e per la promozione della sicurezza sul luogo di lavoro siano stati particolarmente depotenziati dalle politiche neo liberiste/rigoriste del Governo Monti che, con il pretesto della semplificazione burocratica e della razionalizzazione, ha procurato una vera e propria paralisi delle verifiche e degli accertamenti da parte degli organismi ed enti competenti.

E dobbiamo avere il coraggio e l'onestà di ammettere come l'impegno delle forze politiche (e, purtroppo, negli ultimi tempi, anche sindacali) in merito alle suddette problematiche abbia subito un sensibile svilimento a motivo delle conseguenze occupazionali della crisi economica, che - quasi per esorcizzare lo spettro del lavoro che non c'è - spinge troppi rappresentanti dei lavoratori, della politica, della società civile a far finta di non vedere - a dimenticare troppo in fretta - lo spaventoso numero di morti che ogni anno causa nel nostro Paese il lavoro che c'è.

Né appare ancora all'orizzonte una reale prospettiva programmatica - da parte dei partiti (anche di Sinistra) - che abbracci complessivamente ed organicamente questi temi: manca, cioè, un piano generale per quelle che sono le politiche nazionali per il lavoro. E questa scandalosa vacatio dimostra ancora una volta quanto sia difficile anche solo discutere di lotta al lavoro nero e di morti sul lavoro. Noi crediamo che chi perde la vita lavorando non meriti questo silenzio. E pensiamo sia dovere non solo nostro - quale forza di Sinistra - ma di tutti gli italiani ricordare queste tragedie che si ripetono con cadenza quasi quotidiana e che sono la cartina di tornasole di un sistema evidentemente 'malato'. Perché ciò vuol dire che viviamo in un Paese che non garantisce ancora la piena realizzazione del primo articolo della sua Costituzione, che fonda il complesso dei diritti e doveri di ogni cittadino della Repubblica proprio sul Lavoro.

Proponiamo, pertanto, una attenta e ponderata riflessione sulle reali condizioni dei lavoratori italiani ed, in particolare, come rappresentanti di un'area – qual è la Capitanata - storicamente caratterizzata dalla mancanza di occupazione, ci chiediamo se la razionalizzazione (leggi diminuzione) della capacità di controllo e verifica giudiziaria conseguente alla chiusura di alcune sedi tribunalizie ed alla soppressione degli uffici dei giudici di pace, non implichi una rinuncia al presidio del territorio ed un suo potenziale abbandono ad una condizione di anarchia e caos in grado di fomentare ulteriormente la crescita del lavoro nero e delle morti bianche. Per non citare, poi, la situazione nel capoluogo dove, paradossalmente, le aziende edili denunciano un netto calo degli occupati mentre ogni giorno spuntano come funghi nuovi cantieri e si continuano a costruire case su case.

Noi di SEL siamo pronti a discutere le nostre proposte con tutti coloro (forze politiche, sindacali, movimenti, associazioni) vogliano farlo al netto della retorica e con la massima positività. Lo riteniamo necessario, urgente, doveroso non solo per onorare la memoria di chi ha perso la vita o per semplice senso di giustizia ma anche perché temiamo che un sistema incapace di affrontare una volta per tutte questi problemi sia predestinato a rinunciare, prima o poi, anche alla capacità di tutela e difesa degli altri diritti fondamentali di tutte/i i cittadini.

           

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