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Regionali Puglia 2015

Intervista | Di Gioia conferma: "Qui come a casa, nel centrodestra ostacolato"

Intervista a Leonardo Di Gioia, candidato al Consiglio regionale nella lista 'Emiliano Sindaco di Puglia': "Lavorerò per la Puglia, non per ottenere un ruolo"

Prima consigliere regionale, poi, dal gennaio 2013, assessore al Bilancio dell’ultima Giunta Vendola quando si dimise dal Pdl per aderire al gruppo Misto. Leonardo Di Gioia si presenta alle regionali pugliesi come uno dei favoriti. Lo fa dopo l’esperienza alle scorse comunali, dove a capo di una coalizione di liste civiche sfiorò il 20% dei consensi. Quest’anno si candida nella civica 'Emiliano sindaco di Puglia', all’interno della coalizione che sostiene l’ex sindaco di Bari, nella quale Di Gioia dice di “sentirsi a casa ”.

La campagna elettorale volge al termine. Che bilancio si può tracciare?

“E’ stata una campagna elettorale anomala, c’è il dato acquisito della vittoria di Emiliano, che scompagina gli schemi classici delle campagne elettorale. Per il resto è una tornata nella quale si fa più fatica a convincere le persone a votare che a farsi votare. E’ la triste consapevolezza che la politica interessa sempre meno alle persone”.

Cosa non ha funzionato nel centrodestra provinciale?

“Non è un problema di centrodestra provinciale. E’ il paradosso di un centrodestra che in Puglia tramite Fitto si proponeva come un partito egemonico e monopolizzato dalla figura del Leader, ma che a livello nazionale professa le primarie quale strumento di selezione della classe dirigente. E’ esplosa questa contraddizione: ciò che Fitto dice a Roma è quello che lui non pratica in Puglia. Da qui una spaccatura consistente. Rispetto il travaglio del centrodestra, era ovvio che accadesse prima o dopo, è successo alle regionali, vedremo cosa farà il centrodestra dopo le elezioni”.

Durante la sua convention ha affermato di sentirsi a casa nella coalizione di Emiliano. Cosa vuol dire sentirsi a casa in uno schieramento che include molti candidati con un’esperienza politica distante dalla sua?

“La lista nella quale sono candidato credo sia a prevalenza culturale di centrodestra. Mi sento a casa perché Emiliano non ci ha chiesto pedigree delle esperienze, ma cosa vogliamo fare per il futuro; non ci ha chiesto di indossare la maglia di un’altra squadra, ma ha rispettato i nostri valori sulla base di quello che è il modo di vedere la vita, la politica, i valori non negoziabili. Però mi sento a casa perché sono sicuro di poter dare mio contributo, cosa che in alcuni casi nel centrodestra mi è stato scientificamente impedito di fare”.

In che senso?

“Le logiche non sono quelle di chi propone, progetta o realizza, ma le logiche del centrodestra a trazione Fitto guardavano a chi eri vicino, quali fossero tue referenze e chi ti poteva garantire dei ruoli nel partito”.

Si può parlare di quinquennio decisivo per il rilancio della Puglia?

“Decisivo per le entità delle risorse da investire, per la novità del progetto che si sta formulando, per le cose da completare che è necessario realizzare, ma è anche il quinquennio del consolidamento delle tante cose buone fatte dal presidente Vendola”.

C’è un problema che le sta a cuore e che vorrebbe risolvere più degli altri?

“In primis, riequilibrare rapporto Foggia-Bari su un presupposto di serenità. Uno dei temi dominanti è questa percezione di isolamento che si vive nella nostra provincia. Dobbiamo far capire che la regione è vicina e determinante nei processi decisionali, e che poi riesce con le attività delle buone politiche messe in piedi, a essere risolutiva. Questa catena di buone pratiche non sempre viene percepita per come in realtà viene prodotta. Dopo di che, i problemi sono tanti, quello dell’occupazione è il più evidente. Anche se le competenze non sono specificamente regionali, le politiche regionali contribuiscono a creare il contesto economico e sociale di riferimento per affrontare questa problematica”.

Quindi non crede a chi parla di ‘Baricentrismo’?

“Io penso che dove abbiamo prodotto la qualità abbiamo ottenuto risultati. Dove abbiamo recriminato e voluto raccontare la storia dell’abbandono da parte di Bari, abbiamo coperto le nostre incapacità. E’ un modo per creare un alibi per la nostra classe dirigente che continua a confrontarsi non nel merito ma su posizioni astratte o ideologiche che lasciano il tempo che trovano”.

Dunque dà ragione a Vendola quando parla di Foggianesimo?

“Ha ragione quando noi invece di proporre ci lamentiamo. In fondo il Foggianesimo non esisterà più nel momento in cui le persone migliori, quelle che stanno nei Comuni, nelle istituzioni locali, nell’Università e negli ospedali, sapranno essere propositive o più propositive di quanto non abbiano fatto fino ad ora. Il Foggianesimo altro non è che la costruzione mediatica di un atteggiamento che culturalmente dobbiamo combattere”.

E’ d’accordo con Emiliano quando dice che i veri avversari siano i Popolari e Noi a Sinistra per la Puglia?

“Non so se l’ha detto in questi termini”.

Però alla sinistra di Rizzi ha dato fastidio…

“Non abbiamo avversari, ma persone da coinvolgere nel nostro progetto. Dopo di che c’è chi non la pensa come noi, ma il rango di avversario mi dà l’idea di una contesa muscolare alla quale non mi piace riferirmi. Mi piace parlare con quelli che vogliono condividere un progetto, cerco di convincere chi non è d’accordo. Non penso che ci siano avversari nella coalizione. Addirittura faccio fatica a riconoscerli fuori dalla coalizione”.

A tal proposito, chi pensa sia più competitivo tra Schittulli e la Poli Bortone

“Francamente faccio fatica a capire in termini politici la divisione. Divisione legata al contrasto che alcuni hanno voluto produrre rispetto a Fitto, e al fatto che Fitto non abbia accettato il ruolo di Forza Italia senza che lui ne avesse la guida. Queste due cose di politico non so cosa abbiano. E’ difficile fare una stima. Credo che la Poli Bortone abbia un peso politico da spendere più consistente. Schittulli è un professionista stimato, vedremo alle urne cosa accadrà. Ma non è un mio problema”.

E’ una buona idea l’apertura al Movimento Cinque Stelle?

“Mi pare sia un’ottima intuizione del candidato Emiliano. Rappresentano una fetta importante dell’elettorato, hanno un programma condivisibile in alcuni punti. Se assumessero responsabilità di governo, farebbero un salto di qualità passando da una proposta a una operatività che credo sia necessaria. E’ un disegno politico da perseguire”.

Lei ha criticato l’operato di Landella. Dove ha sbagliato secondo lei?

“Il Comune fermo su due tipi di impostazione: una è l’impostazione estetica, si è cercato di dar visibilità alle piccole opere, agli arredi urbani, e alle feste natalizie per trasmettere quella sensazione di novità. D’altro canto, sui temi fondamentali nulla è stato fatto. Addirittura neanche i bilanci sono stati fatti nei termini previsti. E’ un Comune non più strumento per perseguire il bene della collettività, ma un’istituzione piegata alle logiche politiche. Non credo sia un modus operandi condivisibile nei confronti dei cittadini di foggia”.

Quindi crede che l’immobilismo che imputa alla Giunta Landella sia legato al suo coinvolgimento diretto nella candidatura della Di Donna?

“La vicenda elettorale rende un po’ tutti quanti operativi e laboriosi. Io non contesto il fatto che si mettano in mostra le potenzialità che il Comune può esprimere. Però il Comune non può diventare strumento per fare proselitismo. E’ talmente evidente non tanto nella forma, quanto nell’ostentazione della presenza della Giunta nelle riunioni politiche. Ciò che contesto è il voler dare la sensazione che ci sia un candidato istituzionale che in realtà non è”.

Come inquadra il fenomeno Salvini?

“E’ l’effetto del post-Berlusconismo. Ormai i partiti diventano leaderistici e si incarnano nel proprio rappresentante. Salvini dice cose in alcuni casi anche giuste ma usa modi e forme di comunicazione inadeguate. Su altri temi, come quello dei diritti sociali e degli ultimi mi pare sia ingeneroso e non condivisibile. Di certo, se il centrodestra dovrà essere incarnato da una posizione così radicale, non so per quanti anni si candida a essere opposizione a un governo che nel ruolo di Renzi si propone per l’apertura culturale e la contaminazione degli spazi. Credo che Salvini sia il vero alleato della stabilità del governo Renzi”.

Come risponde alle aspre critiche di alcuni candidati del centrodestra a proposito della bocciatura del Piano di sviluppo rurale da parte dell’Unione Europea?

“Il Piano di sviluppo rurale è un documento predisposto dall’assessorato dell’agricoltura insieme ai portatori di interesse. Se non va bene si cambia. Non è un esame dove ci sono un alunno e un professore. C’è interlocuzione tra Istituzioni che si confrontano per utilizzare al meglio le risorse. Tra l’altro, mi risulta che altri piani siano cambiati decine di volte. Per noi è una prassi ordinaria”.

C’è un assessorato al quale ambisce?

“Io rispetto le prerogative del presidente. Io sono candidato al consiglio regionale dove si faranno leggi e controlleranno gli atti, e dove si eserciteranno le prerogative di rappresentanza importanti dei territori. Dopo di che, il presidente farà le proprie valutazioni sui programmi da attuare territorio per territorio individuando le deleghe, ma ogni decisione sarà da me accettata. Lavorerò per la Puglia, non per ottenere un ruolo. E’ una prerogativa di Emiliano”.

Se le proponessero oggi di candidarsi a Sindaco in una coalizione di centrosinistra, accetterebbe o rifarebbe l'esperienza delle civiche?

“In quella circostanza non si poteva che prendere quella decisione. Non avevo punti di continuità amministrativa con il centrosinistra e non mi sentivo rappresentato da nessuna delle ipotesi del centrodestra. Non avevo che l’alternativa di fare una proposta che fosse fuori dagli schemi. Questa proposta ha ottenuto quasi il 20% dei consensi, in poco più di un mese di campagna elettorale. E’ stato un test importante ai fini del ragionamento politico che stiamo sviluppando oggi. Non ero la persona adatta per essere candidato di quel centrosinistra anche se allargato alle civiche. Oggi esistono le condizioni per testare questo progetto. Ma è una vicenda ovviamente futuribile”.

Come si combatte l’astensionismo?

“Purtroppo è la giusta conseguenza della disaffezione alla politica e del cattivo esempio dei politici. Rispetto alla necessità di convincere persone a votare non si può non spiegare che politica sia l’unico strumento attraverso il quale si può cambiare vita delle persone, l’unico mezzo per provare a sognare. Ormai si ha la percezione che la politica sia diventato un problema di scelta del male minore. Io continuo a essere innamorato delle opportunità che la politica ci dà di confrontarci con le persone, di scegliere, anche di portarci sulle montagne russe quanto a emozioni, sensazioni e al giudizio delle persone con le quali ci confrontiamo con la massima serenità circa i percorsi e le scelte fatte. Convinti che, chi fa politica deve rendere conto alla propria coscienza, e ai valori ai quali ancora il proprio modo di vivere”.

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