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Governo giallorosso? Il PD foggiano storce il muso: "Meglio il voto". Sì da Bordo ma "alleanza ovunque con il M5S"

A poche ore dal gong fissato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il Pd è alle prese con il faticoso accordo giallorosso. Tra divisioni e rotture. Unico fiducioso Michele Bordo: "Ma alleanza si allarghi ai territori"

Il Pd tira dritto. O almeno ci prova. La direzione dem ha dato il via libera al segretario, Nicola Zingaretti, a far partire il governo giallorosso, “ingoiando” (anche) candidato presidente Giuseppe Conte sul quale il segretario aveva calato un pesante veto all’indomani della crisi di governo. Ma i veti, dalle parti del PD, durano lo spazio di un attimo e si disintegrano al cospetto delle urne. Meglio provarci. “Per l’Italia, in nome della responsabilità” è il mantra. Ora lo scoglio sarà il tipo di governo e la sua composizione. “Superato il modello precedente, con due vicepremier, né può essere una semplice sostituzione, la nostra, delle caselle lasciate vacanti dalla Lega” si affretta a dire ancora Zingaretti. Altro azzardo, che potrebbe essere superato nelle prossime ore. Sono tempi concitati e frenetici, in cui davvero viene fuori tutto e il contrario di tutto e ogni parte politica ha la sua fronda, o meglio “le sue diverse sensibilità”. Gli eletti cinquestelle foggiani questo Governo lo vogliono.

E mentre l’Italia sta a guardare, cercando di capire se avrà un governo giallorosso, se si tornerà al gialloverde o se Mattarella manderà tutti alle urne, i territori dicono la loro. Unico rappresentante dem della Capitanata a Roma è il manfredoniano Michele Bordo, vicino ad Andrea Orlando, tra i tessitori della difficile trattativa e, pertanto, in pole per possibili evoluzioni al rialzo della sua posizione di odierno deputato "semplice". “Sarebbe stata più semplice la strada delle elezioni, abbiamo invece scelto per senso di responsabilità di verificare le condizioni di un governo di svolta. Stiamo mettendo a punto le ultime questioni che riguardano il programma e i temi, verificheremo se le condizioni ci saranno fino all’ultimo” dichiara a Foggiatoday il parlamentare. Che è ottimista: “Penso che al punto in cui siamo si dovrebbe giungere ad un nuovo governo in discontinità col precedente, che significa che se il premier è in quota ai 5stelle (Conte, ndr), non si può avere la riconferma del vicepremier (Di Maio, ndr). C’è questo tema politico. E qualche nodo programmatico ancora”. I nodi programmatici, per la verità, sembrano tanti. A partire dal tema dei temi, l’immigrazione, cavallo di battaglia di Salvini, contenuto in due Decreti Sicurezza che al Pd fanno venire l’orticaria. Bordo lo dice chiaramente: no ai porti chiusi. “Non si può pensare di affrontare questo tema nelle modalità con cui è  stato affrontato fino a ieri. Serve certamente una regolamentazione dei flussi ma senza tenere chiusi i porti”. Quindi il tema politico: l’inizio di una vera e propria alleanza coi cinquestelle, anche in periferia, in tutte le tornate elettorali. “No al contratto. E’ condizione imprescindibile – chiarisce Bordo-. Questo governo avrà senso se l’alleanza avrà anche una prospettiva politica. Sarebbe sbagliato immaginare che Movimento 5 Stelle e Pd facciano un accordo a livello nazionale e poi si combattano sui territori. La svolta politica rischia di avere un respiro corto”. 

Meno convinto l'assessore regionale Raffaele Piemontese: "Premesso che ho dei dubbi e che avrei preferito il ritorno alle elezioni, sì da dare la parola al popolo - dichiara a Foggiatoday-, capisco il segretario Zingaretti che sta provando a fare un Governo che metta in sicurezza l’Italia, arginando una deriva destrorsa pericolosa". E sull'alleanza di prospettiva allargata ai territori? L'anno prossimo in Puglia si vota. "Vediamo, una cosa alla volta - risponde, cauto, Piemontese-. Prima vediamo cosa succede con il Governo, se riusciamo a mettere in campo un esecutivo forte e autorevole".

Più netta la segretaria provinciale Lia Azzarone, che entra nel merito delle questioni mettendo in evidenza tutta la distanza che intercorre tra Pd e cinquestelle. "Il voto è il primo e più utile strumento per risolvere le crisi di governo e le incertezze della politica parlamentare. Lo sanno bene in Spagna, ad esempio, dove nell'ultimo quinquennio si è votato praticamente ogni anno e nessuno si scandalizza" dice Azzarone. "Il Partito Democratico, però, ha scelto di assumere, per l'ennesima volta, la responsabilità di offrire il proprio contributo di idee e risorse per superare una delle tante fasi critiche - economica, sociale, politica - che hanno punteggiato gli ultimi 10 anni. E ha deciso di provare a condividere quasta responsabilità con la forza politica che alcune di quelle difficoltà le ha aggravate con scelte quanto meno discutibili. Ed è rispetto a questi atti che si manifesta tutto il mio scetticismo sull'effettiva operatività del governo giallorosso. Detto altrimenti: il PD ha severamente criticato il reddito di cittadinanza; si può modificare? E si possono modificare quota 100, l'autonomia differenziata, la bozza di riforma della giustizia, i decreti sicurezza?
Ho il timore che non si riesca ad ammainare queste bandiere e non si riesca ad issarne di altre, più eque e sostenibili. Ad esempio: si possono correggere le storture evidenti del reddito di cittadinanza, per evitare gli eccessi assistenzialistici e la contrapposizione frontale tra chi è assistito e chi quell'assistenza la finanzia con le tasse che riducono all'osso i reddito da lavoro medio-bassi? si può correggere quota 100 per consentire a chi lavora da una vita di andare in pensione nonostante la minore quantità di contributi dovuta alle retribuzioni in nero?
Questo, secondo me, è il primo compito del governo giallorosso, realizzabile solo se il PD, soprattutto il PD, investirà su idee innovative espresse da rappresentanze nuovissime, anche esterne alla nostra comunità politica.
Ho fiducia nel segretario Zingaretti e ho fiducia che abbia ben presenti scetticismi e perplessità con l'intento di superarli. Altrimenti, avremo solo ripetuto l'errore commesso con il governo Monti e gli elettori ce lo faranno pagare alla prima occasione."

Non molto convinto anche il segretario del Pd foggiano, Davide Emanuele: "Una cosa è da premettere, da uomo di diritto prima che da politico - dichiara a Foggiatoday-: la nostra è una repubblica parlamentare ed è doveroso, da parte del presidente della Repubblica, verificare che sia possibile la nascita di un governo pienamente legittimato ad operare per l'intera legislatura. Ciò posto, l'evoluzione della crisi m'inquieta.
A marzo 2018 ero tra chi auspicava la nascita di un governo con il M5S, ritenendo esistenti convergenze tra i rispettivi elettorati che indubbiamente continuano ad esistere. È altrettanto indubbio che nei 14 mesi che abbiamo alle spalle siano emerse anche tutte le differenze e le distanze tra noi e quella parte, forse maggioritaria dei 5stelle, così facilmente egemonizzata da Salvini con un'azione di governo fondata su valori e atti assolutamente non condivisibili.Il Paese è ad un bivio economico e sociale, necessita di un'opera di pacificazione che spazzi via l'odio instillato da Salvini (vedi le assurde e drammatiche sassaiole contro i lavoratori migranti delle scorse settimane proprio qui a Foggia), ha bisogno di superare alcune emergenze del presente e affrontare con maggiore fiducia il futuro. Allora, se governo deve nascere che nasca su un cambio radicale di prospettiva, di politiche e di tematiche, prima ancora che di nomi. Un'operazione meramente di palazzo non sarebbe utile a noi, ai 5stelle e, ancor meno, al Paese. Senza una forte discontinuità rispetto al passato recentissimo, meglio affidarsi agli elettori". 

E mentre la base dei cinquestelle è in subbuglio, dopo anni di battage anti-Pd del Movimento, c’è chi lascia il Pd: Carlo Calenda, dopo poco più di un anno. L’ex ministro dello Sviluppo Economico, contrarissimo ad una intesa che “nasce male”, “senza uno straccio di punto in comune”, ripropone il vecchio hashatag #senzadime e annuncia la fondazione di un nuovo partito, “una nuova casa per chi non si sente rappresentato da questo rapporto con i cinquestelle”. Chi lo seguirà? Ha condiviso in questi giorni il pensiero di Calenda, postandolo anche su Facebook, Angelo Riccardi, ex sindaco di Manfredonia, che si è lasciato andare ad ironie feroci su quel “senso di responsabilità” enunciato in queste ore a profusione che altro non sarebbe “attaccamento alla poltrona”.

Contrario al Conte bis, in modalità “canzonante”, ritroviamo il viestano Aldo Ragni, componente della direzione regionale. “Capisco ma non condivido - ci dice-. Non riesco a cambiare idea sui cinquestelle. Averei preferito un governo istituzionale sstenuto da PD e M5S, ma non solo da loro. Non mi piace invece il cambio dei ministri della Lega con quelli del PD. Mi spiace ma non sosterrei un governo del genere. Conte è stato a capo di un governo con la Lega. Vedo che non avrebbe imbarazzo ad esserne a capo di uno col PD. Confermo il giudizio che ho su di lui. Una nullità politica”. “Non sono pregiudizialmente contraria ad un Governo che faccia della serietà e della responsabilità la sua cifra politica – scrive invece l’ex europarlamentare PD Elena Gentile-. Nè mi spaventa il ritorno al voto. Però, questo è il tempo della chiarezza nei confronti degli italiani e delle italiane. Dice bene Zingaretti. L'imperativo categorico è la discontinuità. Ma decidiamo chiaramente come si raggiunge questo risultato. Non solo sostituendo gli attori ma ribaltando la narrazione politica”.

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