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A Foggia ‘L’Islam spiegato a chi ha paura dei musulmani’: intervista a Michele Zanzucchi

Michele Zanzucchi è stato ospite venerdì scorso di Calebasse, per presentare il suo ultimo libro - 'L'Islam spiegato a chi ha paura dei musulmani' - nell'ambito di ConFini Differenti

"Sa cosa mi appaga di più? L'essere giunto alla 54^ presentazione di questo libro e tutte su richiesta della gente, delle comunità, di chi è desideroso di sapere e di confrontarsi. Incontri molto partecipati, in alcuni casi anche da parte di tanti giovani, di tanti ragazzi. Anche musulmani". 

Inizia così, con questa fotografia interessante, pregna di spunti di analisi, l'intervista a Michele Zanzucchi, ospite venerdì scorso a Foggia, al Calebasse, per presentare il suo ultimo libro -'L'Islam spiegato a chi ha paura dei musulmani'- nell'ambito di ConFini Differenti, l'attività di educazione alla multiculturalità che il giovane centro di via Leone XIII sta lentamente e non agevolmente portando avanti in città e sul territorio di Capitanata.

Giornalista e scrittore, direttore di ‘Città Nuova’ e docente presso la Pontificia Università Gregoriana e all'Istituto Universitario Sophia, Zanzucchi ha già pubblicato in passato ‘L'Islam che non fa paura’.

‘L'Islam spiegato a chi ha paura dei musulmani’ è una raccolta di interventi di autorevoli musulmani e cristiani, di sunniti e sciiti, di arabi ed europei, di giornalisti, esperti ed Imam che, in spirito di dialogo, cercano di "dipingere un affresco plausibile dell'Islam e dei nodi ancora aperti".

Il tema, si sa, è delicato e complesso. Incontriamo Zanzucchi per una chiacchierata che tenga conto del preciso momento storico e affinché ci spieghi, per quanto in maniera che non pretendiamo essere esaustiva (è naturale, considerate le numerose variabili in campo e la vastità dell'argomento), le ragioni di quel fenomeno di intolleranza che non risparmia neanche Foggia: al contrario, pare cresca di giorno in giorno negli ultimi tempi. 

"Colpa della paura" ci dice subito Zanzucchi. "Ed i media non fanno che aumentarla ed alimentarla questa paura. Perché la paura fa vendere" osserva. L'odio razziale come benzina del dio denaro, insomma. Primo elemento.

Professore, ma ci dica un po': non è normale avere paura in un contesto così destrutturato geopoliticamente come quello che pare stiamo vivendo e dove il diverso, colui che arriva, sembra pronto a salire un tir o a fare irruzione in una discoteca per ammazzarci tutti in nome di un Dio?

Si parta da una premessa: il 90% dell'universo musulmano è fraterno, dialogante. Il terrorismo non ha niente a che fare con l'Islam. Di certi musulmani è giusto avere paura. Ma attenzione a non restare imbrigliati in questo stato d'animo. La paura crea muri, divisioni, guerre. La paura va superata con la ragione e la ragione significa conoscenza. Già identificare l'immigrazione con l'Islam è sbagliato.

Continui pure.

Anzitutto i musulmani non sono solo in Medio Oriente. Quest'anno in Italia sono sbarcati 180mila migranti. Di questi i musulmani sono 80mila, 100mila sono cristiani. E poi, mi lasci dire, non è assolutamente vero che i terroristi arrivano con i barconi, una roba allucinante: figuriamoci se rischiano di morire (prima). Che poi qualcuno possa radicalizzarsi successivamente, sì. E però bisogna che si cominci a dire la verità: come ci riferisce il giudice Dambruoso, uno dei maggiori esperti sul terrore internazionale, sono le carceri i luoghi in cui si diventa terroristi, non le mosche, men che meno i campi profughi. Fanatici che hanno poco a che fare  con la religione che dicono di professare, perché l'Islam non è la religione del sopruso e della violenza.

E allora perché questo processo di identificazione?

Perché ci serve il nemico. In occidente, dopo l'11 settembre e l'attacco alle  Torri Gemelle, c'è stata una fortissima tendenza ad individuare nell'Islam il nemico. Tesi alimentata dall'attualità del Medio Oriente. 

Che cosa sta accadendo in quell'area? 

In Medio Oriente c'è una situazione drammatica. Per cinquant'anni non si è voluto risolvere il nodo palestinese. Su questo si è incardinato il problema del petrolio, i potenti interessi economici e di predominio, la lotta tra il mondo sunnita e il mondo sciita. Guardi la Siria, è un tutti contro tutti. Sono state sbagliate tutte le strategie contro il terrorismo. Gli USA hanno finanziato Al Quaeda. Aleppo conta centomila morti a causa delle insipienze diplomatiche internazionali. L'America non è più il gendarme del mondo. Ora Trump si sta riavvicinando alla Russia, probabilmente con l'aiuto della Turchia potrà cambiare qualcosa. Vedremo.

Nel frattempo, però, noi abbiamo paura del nostro vicino e rischiano di compromettersi irreversibilmente concetti di comunità come l'integrazione e la solidarietà umana... 

Il problema della mancata integrazione  non riguarda tanto l'Italia, che conosce una immigrazione recente, quanto piuttosto altri Paesi europei, quali Francia, Belgio, che hanno, invece, già terze, quarte generazioni. È qui che bisogna concentrare l'attenzione, su questi modelli non sempre funzionanti dove, guardi la Francia, più che di integrazione, si parla di azzeramento delle radici e della cultura dei soggetti che ambiscono ad integrarsi. È naturale che, su tre che ci riescono, ce ne sarà sempre uno che non riuscirà ad integrarsi, scontando situazioni di emarginazione. E' qui che attecchisce il fanatismo. I terroristi sono quasi tutti ex delinquenti, emarginati e che hanno conosciuto le carceri (Nizza docet). Per non parlare dell'Inghilterra, dove si creano veri e propri ghetti. Più avanti e positiva la Germania.

E l'Italia?

Le rivelo un dato: gli italiani sono il popolo più solidale che esiste in Europa. Le recenti statistiche ci consegnano una rete di volontari e di accoglienza che è il doppio di quella esistente, ad esempio, in Germania. E, a parte alcune grandi città,  l'integrazione qui sta riuscendo molto meglio che in altri Paesi europei. Nel Nord Est, ad esempio, ci sono realtà positive di integrazione rurale. Certo al Sud, qui in Capitanata, si arranca perché i flussi migratori coincidono con una delle più gravi crisi economiche che i Paesi abbiano conosciuto dal secolo scorso. Ma il problema non sono i migranti, piuttosto il depauperamento economico dei territori. Lo scatto di reni deve farlo la politica. Il nemico non è nel campo profughi. Si legga il libro, smonta molti luoghi comuni e pregiudizi. Sempre che li si vogliano smontare. 

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