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Cronaca Vieste

Vieste, dove sangue chiama sangue: dall'omicidio fallito al boss perché le armi "hanno fatto puf puf" all'agguato "crudo e mozzarella"

Le intercettazioni ambientali che incastrano Giovanni Iannoli, arrestato con il cugino Claudio, per il tentato omicidio di Marco Raduano. Nelle carte dell'ordinanza le intenzioni dei fedeli di Girolamo Perna

Uno spaccato, lucido e puntuale, della guerra in atto su Vieste. Schieramenti, dinamiche e logiche criminali: tutto racchiuso nelle 114 pagine dell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Giovanni Englana, relativa alla richiesta di applicazione della misura cautelare in carcere per i cugini Giovanni e Claudio Iannoli, accusati del tentato omicidio al boss Marco Raduano, avvenuto il 21 marzo dello scorso anno.

Un agguato che non si è concretizzato solo perché le armi messe in campo (fucili e kalshnikov) hanno fatto cilecca (“Hanno fatto puf puf, sono andati a vuoto”) e Raduano, seppur ferito, è riuscito a scappare. Gli schieramenti ormai sono noti: da una parte Marco Raduano, ex luogotenente del boss Angelo ‘Cintaridd’ Notarangelo, dall’altro il defunto Girolamo Perna, al cui gruppo appartengono i cugini Iannoli (già detenuti poiché arrestati dalla polizia nell’ambito dell’operazione ‘Agosto di fuoco’, nell’estate del 2018). Oggetto della contesa la supremazia su Vieste (legata a doppio filo con i Balcani) nella gestione del mercato della droga e del racket. Il potere, insomma.

Dinamiche che si discutevano anche a casa, nel salotto, dove la madre di Giovanni - preoccupata per la situazione in cui si era cacciato il figlio - chiedeva costanti aggiornamenti. Quella macchina del sangue, una volta partita, era impossibile da fermare. Eppure, la donna ci ha provato, più di una volta: “… Non è che puoi parlare con quello?!” chiede al figlio, riferendosi a Raduano. “Gli dici… tanto a morire non sei morto. Tu hai ucciso quello mio (il riferimento è a Gianmarco Pecorelli, inquadrato nel Gruppo Perna), e noi abbiamo ucciso quello che conoscevi tu…”. Ma non c’è tregua che tiene, sul Gargano. Lo sa bene Iannoli: “Quello l’accordo l’aveva fatto pure con Omar e si era messo d’accordo”, risponde il figlio ricordandole la fine del giovane Trotta, morto ammazzato appena 20 giorni dopo la ‘tregua’.

Quindi la strigliata della donna: “… vedi come siete, mangiate, bevete e poi vi fate la guerra”. Poi in un altro passaggio: “… non hai fatto nemmeno ragionare il cervello… e ti sei andato ad impelagare con  Claudio e coso… dietro a quello… alla fine hai visto che non serve a niente, state tutti e due arrestati e quello morto!”. Tutte affermazioni cui il figlio non ha mosso repliche. Anzi, c’è un altro passaggio, ancora una intercettazione ambientale casalinga, in cui Giovanni Iannoli rivendica l’agguato fallito. A domanda diretta della madre (“perché ti stai trovando in questi casini?”) lui risponde: “Non mi devo trovare nei casini! Prima comandava Marco (Raduano), gli ho sparato! Mo voglio comandare io! Non è morto e siamo rivali! Quello da una parte e io sto da un’altra! Quello dà fastidio a chi sta vicino a me e io do fastidio a chi sta vicino a lui! Eh! Ogni volta te lo devo dire! E non lo capisci!”

E tu perché l’hai sparato?, domanda ancora la donna. “Gli ho sparato perché quello mi ha detto che io dovevo andare a lavorare, che io non dovevo fare più niente… va, va… cioè lui mi aveva dettato le regole a me, di che dovevo fare e di che non dovevo fare! Poi mi hanno visto che mi sono avvicinato a Claudio e hanno detto ‘No quei due chissà cosa stanno organizzando! Mo li dobbiamo uccidere!’ Allora prima che ci uccidevano loro a noi, ci abbiamo provano noi e non ci siamo riusciti. Ecco qual è il discorso”. Era certo Iannoli, che il clan Raduano stesse progettando un agguato contro di lui, il cugino Claudio e contro Perna. Da qui la decisione di agire per primi. Ma l’arma si è bloccata e l’agguato è fallito. “Io sono arrivato vicino… da qua a là, che quello ormai dove doveva andare! Quadno siamo arrivati fino… hai capito? Per che non sono adnato più avanti… che dovevo andare a fare non tenevo niente! Che dovevo andare a fare! Quello che tenevo non funzionva più”. Non si era inceppata l'arma, ma bloccata: “Non si era inceppata! Perché ha sparato due botte, però già non si capiva più niente… che quello giù se ne era andato”.

Da qui l’intenzione di organizzare un’azione di fuoco plateale nei confronti di alcuni elementi della consorteria rivale (dei quali stavano già studiando le dinamiche quotidiane), da colpire in simultanea. “… hai capito! Perché quelli vanno camminando pure tutti e tre… magari vai a incontrare tutti e tre!... una botta sola! Hai capito!”, dice il 33enne che trova consensi tra gli alleati: “Madò lo sai che sarebbe? Un prosciutto proprio… crudo e mozzarella! Quello è un crudo e mozzarella! Lo sai? Tutti e tre insieme sono crudo e mozzarella!”. Spenti i facili entusiasmi, Iannoli redarguisce i suoi: “Non possiamo più sbagliare”. C’era da pianificare il lavoro. Pronta la proposta di un sodale: “I soldi, noi innanzitutto dobbiamo fare una fortezza sui soldi, ci dobbiamo fare una cosa di soldi che dobbiamo poter dichiarare guerra a chiunque”. La risposta a tutto era il denaro: “con una cosa di soldi, ci andiamo a prendere una ‘ciampata’ di ‘ferri', magari ci facciamo pure un compagno che ci da una mano…”.

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