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Cronaca

Mafie foggiane sono tre, "brutali e pericolose". Il pentito Niro: "Dovevo ucciderlo al suo arrivo a Foggia"

A 'Prima dell'Alba', Salvo Sottile incontra il procuratore Giuseppe Volpe e Giuseppe Gatti, il pm che il pentito di San Severo, Antonio Niro, avrebbe dovuto uccidere alla stazione di Foggia

Sono tre diverse mafie a piegare il territorio foggiano. Lo spiega ai microfoni dello speciale “Prima dell’alba” il procuratore capo di Bari, Giuseppe Volpe: “E' mafia, ma il singolare qui non va bene. Abbiamo tre diverse mafie nel Foggiano: quella cittadina, a Foggia e San Severo, una sul Gargano e una sul Tavoliere con la città di Cerignola”. Si tratta di mafie pericolose, brutali, per certi versi arcaiche.

“Eppure con un profilo di modernità nella gestione degli affari”, puntualizza il pm Giuseppe Gatti. “L’estorsione frontale qui è finita. A Foggia le organizzazioni gestiscono le estorsioni come lo Stato gestisce la riscossione dei tributi. C’è una lista delle estorsioni, per il cui possesso hanno fatto tante guerre di mafia. Chi la possedeva, riscuoteva come ufficiale giudiziario, con tanto di rateizzazione dei compensi, sospensione della ‘cartella’”.

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Gatti è il pm che la mafia voleva uccidere. Per farlo aveva incaricato Antonio Niro, ex guardia giurata, che lo ha tenuto sotto tiro per tre giorni salvo poi tornare sui suoi passi e cominciare un percorso come collaboratore di giustizia. “Dovevo ucciderlo al suo arrivo in stazione, a Foggia. Mi avevano dato una 357 Magnum e dovevo sparare tra la folla, per creare panico e avere il tempo di fuggire. L’ho avuto sotto tiro per tre giorni. Poi ho visto un ragazzo giovane, pulito, e non me la sono sentita”.

Ma la mafia non perdona. E Niro è finito nel mirino di tre agguati (tutti falliti). L’ultimo mentre era con la moglie e la figlia di 6 mesi. “Sono entrato nel circuito in un momento di debolezza, di grande difficoltà per la mia famiglia. Durante una trasfusione - racconta - mia figlia è stata affetta da Hiv. Siamo rimasti soli, ho perso il lavoro, mia moglie e mia figlia sono state in ospedale per 6 mesi e non sapevo che fare. Poi qualcuno mi ha presentato all’organizzazione perché come ex guardia giurata mi intendevo di armi. Ho sbagliato e me ne vergogno”.

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