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Cronaca

GrandApulia, c’è chi aveva lanciato l’allarme: spuntano fuori istanze, relazioni e un'interrogazione

Nel gennaio 2015 una relazione dell'avvocatura. A febbraio un'istanza con cui si chiedeva al Comune di Foggia di revocare in autotutela il permesso a costruire. Poi un'interrogazione di Giuseppe Mainiero

Protesteranno domani mattina davanti al Comune di Foggia. E porteranno con loro uno slogan pare, un po' azzardato a guardare gli ultimi eventi, ma c'è da comprenderli. I mille lavoratori che avrebbero preso servizio al GranApulia, tra qualche giorno, sono rimasti raggelati di fronte alla operazione che ha bloccato, a ridosso della inaugurazione della struttura, le loro nuove vite.

Sarà una manifestazione pacifica, garantiscono. E c'è da comprenderli, appunto. Ma c'è da comprendere loro e solo loro. Qualsiasi altro "sermone" stride, e non poco, con quello che dovrebbe essere, in questa faccenda, il ruolo di ciascuno: indagare per gli inquirenti, difendersi per gli accusati, raccontare per la stampa, separando i fatti dalla emotività. E i fatti dicono che c'è un sequestro con otto indagati per reati gravi.

"Ho sconsigliato loro di procedere con striscioni che possono apparire in conflitto con il lavoro che sta portando avanti la Magistratura" spiega una organizzatrice. "Ma c'è chi si è licenziato per lavorare lì. Non è facile tenere a bada la disperazione". E in effetti no, non lo è. Ma sarebbe altrettanto paradossale dare addosso alle indagini. 

D'intorno tutto tace, accusa qualcuno. Il mondo politico non si pronuncia. Stordimento? Cautela? Rispettoso silenzio del lavoro degli inquirenti? Non sappiamo. E però che qualcosa non andasse per il verso giusto si sapeva. E non da oggi. Quantomeno negli ambienti messi al corrente dei fatti che si andavano verificando. Risale al febbraio 2015 l'istanza con cui si chiedeva al Comune di Foggia di revocare in autotutela  il permesso a costruire n.41/2013 rilasciato alla FinSud srl sui terreni ex Sfir a causa di una presunta "illegittimità del titolo abilitativo".

QUEL 'QUALCOSA DI GRANDE' ANCORA DA SCOPRIRE

L'istanza è a firma dell'avvocato Paolo Urbani (docente presso Università di Chieti, Roma Tre e Luiss), in qualità di legale della LI.COS. srl, società proprietaria dei terreni confinanti con quelli sui quali andava prendendo forma la mega operazione commerciale. E c'è, ancora prima, nel gennaio 2015, una relazione dell'Avvocatura inviata all'allora assessore all'Urbanistica Antonio De Filippis (su richiesta della stessa Urbanistica) in cui si dava riscontro di irregolarità già agitate dalla LI.COS. E, per finire, una interpellanza in consiglio comunale, nel marzo dello stesso anno, del capogruppo dei Fratelli d'Italia, Giuseppe Mainiero.

La prima, in particolare, inviata a Comune di Foggia, Provincia, Regione Puglia e Consorzio ASI, poneva all'attenzione delle amministrazioni, in dieci punti,  "procedure quantomeno discutibili". In particolare venivano evidenziate irregolarità che avrebbero viziato l’intero iter amministrativo per il rilascio del permesso. Tali vizi, a parere del denunciante, avrebbero riguardato già il “Piano di riqualificazione e sviluppo industriale dell’area ASI ex zuccherificio Borgo Incoronata” e, in particolare, la c.d. “Sistemazione area vasche” (strutture precedentemente utilizzate per la produzione dello zucchero), sulla base del quale sarebbero stati effettuati degli interventi autorizzati con semplice D.I.A., celando, a parere della LI.COS S.r.l, “dietro una mera attività di sistemazione, un vero e proprio sconvolgimento ambientale ed urbanistico”, senza alcuna attenzione e prevenzione in riferimento allo smaltimento dei materiali e dei liquidi contenuti nelle vasche oggetto di intervento, con abbondanti sversamenti di liquidi e sconfinamenti di materiale di riporto altamente inquinanti.

Il titolo abilitativo, pertanto, sarebbe stato concesso in assenza di una serie di autorizzazioni prescritte dalle normative vigenti, tra le quali: assenza di procedure di VIA e VAS prescritte dalla norme in materia per i progetti di sviluppo relativi a zone industriali o produttive riferite a superfici superiori ai 40 ettari; assenza di autorizzazione paesaggistica, ricadendo l’intervento in prossimità del Torrente Cervaro e, quindi, in area protetta; interventi di “sistemazione vasche” realizzati da ditte probabilmente prive dei requisiti di legge e non iscritte all’Albo Nazionale Gestori Ambientali; interventi, come già precisato, realizzati in totale assenza di un Piano di bonifica dei luoghi e delle misure necessarie per lo smaltimento dei materiali liquidi inquinanti presenti.

Contestazioni, appunto, sulle quali in precedenza si era già espresso il Servizio Avvocatura del Comune di Foggia, nella persona del funzionario Antonio Puzio (e del dirigente Ernesto Festa) che, interpellato sull’argomento, con nota del 22.01.2015, avrebbe sostanzialmente confermato la ricostruzione della LI.COS S.r.l. presumendo e precisando, tra le altre cose, che “lo sconvolgimento sistematico e graduale dello stato dei luoghi sia stato affrontato dalla SFIR con una sequela di pratiche amministrative frazionate ad hoc e non idonee alle finalità concepite ed ottenute e, forse, in netta contrapposizione tra oggetto della richiesta, contenuti progettuali, quanto dichiarato e realizzato e normativa di riferimento (…)”.

Come si sia proceduto, un anno e mezzo fa, rispetto alle contestazioni avvallate anche dal servizio Avvocatura non è noto, al momento. Sappiamo però che qualche giorno fa la megastruttura, finita e rifinita, è stata sigillata. E le famiglie che in essa confidavano buttate nello sconforto più nero. Domani protesteranno. E c'è da comprenderlo. Ma per capire contro chi bisognerà aspettare. Gli striscioni dovranno aspettare. Perché, se le accuse dovessero essere confermate, la sensazione è che saranno più di uno. E a quel punto non sarà facile distinguere quale sarà stato il reato più grave: se quello ambientale o la gigantesca, drammatica illusione occupazionale.

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