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Cronaca

A Foggia serve un "Grande fratello" e la forza di reagire e denunciare. Il "Bollino della Legalità" a chi non paga il pizzo

Un partecipato 'faccia a faccia' tra commercianti, imprenditori, artigiani e semplici cittadini stanchi di sottostare alle logiche della criminalità, alla presenza del procuratore Ludovico Vaccaro e del prefetto Massimo Mariani

Questionari anonimi in attività e aziende, bollini di legalità per una economia virtuosa, compartecipazione all’implementazione dei sistemi di videosorveglianza e di illuminazione. Sono queste alcune ‘misure’ di antimafia sociale lanciate ieri pomeriggio durante l’incontro pubblico ‘Anch’io denuncio’, organizzato dal coordinamento 'Libera' di Foggia.

Nelle intenzioni come nella sostanza, il confronto tenuto nell’auditorium di Santa Chiara si è trasformato in un “laboratorio” di idee e strategie, un’occasione di incontro e confronto reali in cui mettere a sistema proposte, istanze e problematiche sollevate dai vari comparti della comunità foggiana. Insomma, un partecipato faccia a faccia tra commercianti, imprenditori, artigiani e semplici cittadini stanchi di sottostare alle logiche di una criminalità sfrontata e prepotente, che impone la sua giurisdizione a colpi di bombe, estorsioni e atti intimidatori.

A raccogliere le sollecitazioni e ad interrogarsi sul come intervenire e cosa fare nell’immediato per sostenere da una parte la Squadra Stato e dall’altra le vittime del racket, vi era il procuratore Ludovico Vaccaro e il prefetto Massimo Mariani, quest’ultimo netto e diretto nel tracciare precisi confini di responsabilità: “Noi possiamo creare la pre-condizione perché il territorio sia libero dal condizionamento della criminalità organizzata”, spiega. “Ma questa libertà non è una cosa che viene concessa dall’alto. Svincolatevi quindi da questa concezione passiva: i cittadini hanno diritto ad essere liberati dalla criminalità, ma hanno il dovere di partecipare attivamente alla cosa pubblica nelle piccole e nelle grandi cose”.

“La città ha voglia di reagire e costruire una comunità diversa. Questo è evidente”, riprende il procuratore Vaccaro. “Ma manca un coordinamento”. E come si può creare, allora, questa rete? Per il procuratore capo di Foggia sono due i percorsi da battere: uno che attiene all’aggressione del fenomeno, l’altro allo sviluppo economico, sociale e culturale del territorio. “Per il primo punto, è noto che i processi si fanno sulla base delle prove, e denunce e testimonianze sono fondamentali in un processo. E cosa ostacola denuncia?”, si chiede il procuratore. “La persona che subisce non deve essere la sola fonte di prova”. E qui si apre il discorso della videosorveglianza in città già sollevato in altre sedi dallo stesso Vaccaro. “E’ necessario un ‘grande fratello’ che può non piacere ma che è fondamentale per giungere all’identificazione degli autori di ogni tipo di reato”. Inoltre, le vittime vanno supportate dal punto di vista sociale, legale, psicologico ed economico. “Ci sono delle provvidenze che lo Stato mette a disposizione per chi collabora”, ricorda il prefetto Mariani.

Parallelamente va promosso uno sviluppo economico, sociale e culturale del territorio. “Qualsiasi attività non durerà a lungo se non sviluppiamo l’economia della città, che la criminalità ha severamente danneggiato negli anni”, riprende Vaccaro. Di qui l’appello al mondo imprenditoriale: “Scommettete sulla vostra città”. A portare preoccupazioni, paure e istanze dei comparti economici della città sono stati i rappresentanti associazioni di categoria, dal vice presidente della Camera di Commercio, Filippo Schiavone che sollecita una visione della “legalità come attitudine e abitudine” a Roberta Paolini di ConfArtigianato, che ha portato le preoccupazioni degli imprenditori e le difficoltà delle associazioni nel farsi primo punto d’ascolto per le vittime di taglieggiamenti. Problematica che, suggerisce Vaccaro, può superarsi con un censimento, “un questionario anche anonimo che porti le vittime del racket ad uscire alla scoperto”. “Inoltre - suggerisce - i commercianti possono promuovere progetti per la videosorveglianza o una migliore illuminazione in tratti di strada in comune. Dove lo Stato non arriva, la comunità può essere utile”.

Ancora, Antonio Cocozza, per la ConfCommercio e l’appello a non lasciare sole le vittime, perché “denunciare fa paura, e ci si arriva dopo un percorso difficile”. Più critica la posizione di Franco Arcuri per Confesercenti, soprattutto in merito alle difficoltà legate all’implementazione della videosorveglianza in città. E’ stata una iniezione di positività, invece, l’intervento di Pippo Cavaliere, presidente dell’Associazione Buon Samaritano, preso come case-history: “Siamo ad un punto di svolta”, ha detto Cavaliere. “Ora o mai più. Oggi lo stato è davvero presente. Come associazione abbiamo trattato 23 denunce, e per 20 casi i relativi processi sono già chiusi, tutti con condanna alle pene di giustizia dei responsabili. Denunciare è semplice – esorta Cavaliere – è l’isolamento a creare paura, e la paura crea ulteriore isolamento”.

Infine, per raccordare buoni propositi e forza di volontà e fare cartello insieme, arriva la proposta (seppure in fase embrionale) lanciata da Libera: ovvero la creazione di “bollini di legalità” da esporre in quegli esercizi commerciali che non pagano il pizzo e che non sottostanno alle logiche criminali; attività economiche che “ci in questa battaglia mettono la faccia” e che per questo andrebbero sostenute per promuovere una economia sana. Insomma, la vera antimafia sociale.

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