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Cronaca

Al “C’è chi dice no” i manifestanti non hanno dubbi: “Mongelli a casa”

Al centro della protesta gli aumenti della Tarsu e quelli derivanti dalla sosta regolamentata. In centinaia protestano contro la privatizzazione del cimitero e lo sfruttamento di Masseria Giardino

Hanno detto NO. Hanno urlato BASTA, il sindaco Mongelli “DEVE ANDARE A CASA”. In centinaia ieri alla protesta organizzata dai consiglieri d’opposizione al Comune di Foggia che, sulle parole del Vasco nazionale “C’è chi dice no”, hanno sfilato per le vie del centro cittadino per contestare sette anni di amministrazione di centrosinistrache hanno portato Foggia al completo sfacelo” ma, in particolare, gli ultimi, recenti provvedimenti “che hanno finito di ammazzarla” tuonano. “70 euro in più capisce? E per cosa? Per avere una città in queste condizioni? Con cumuli di immondizia dappertutto? E’ una vergogna!”: Rosa C. sventaglia la bolletta TARSU appena arrivatale a casa, già gravata dal 30% di aumento deliberato lo scorso agosto dalla giunta comunale, alla base  della spaccatura (pare ormai insanabile) venutasi a creare nella maggioranza Mongelli, con il vicesindaco Lucia Lambresa dimissionario.

Mentre su Facebook monta la protesta con la costituzione di un Comitato civico, guidato da Filippo Fedele, cittadino indignato che a breve – promette - chiamerà a raccolta i cittadini per spiegare loro le possibilità di ricorrere contro il provvedimento della giunta Mongelli.  Ma ce n’è anche per la sosta a pagamento, che comincia a “prender forma”: al lavoro proprio in questi giorni le squadre di operatori per la verniciatura delle famigerate strisce blu. “Il nuovo corso – ha fatto sapere Palazzo di Città - entrerà a regime il prossimo 3 ottobre”. E il centrodestra contesta e torna ad evocare il referendum. “Questo piano è contra legem – denuncia il capogruppo Pdl Francesco D’Emilio, che spiega: “ad ogni parcheggio a pagamento dovrebbe corrispondere un parcheggio gratuito, proporzionalmente. Ed invece qui si sta ridipingendo l’intera città”.

Sotto accusa anche l’aumento del ticket, passato da 60 centesimi ad 1 euro. E poi “no” alle decine e decine di varianti urbanistiche ritenute illegittime, “no” allo sfruttamento di Masseria Giardino, “no” alla privatizzazione del cimitero, “no” all’accanimento sulle cooperative sociali, più attenzione alle borgate. “Borgo Segezia abbandonata” la denuncia che campeggia sul cartellone sventolato dai residenti della borgata che, in testa al corteo, guidano la protesta nella speranza che “almeno oggi – dicono - la nostra esasperazione sia visibile e percepibile”. Ma appaiono disillusi mentre lo scoramento raggiunge livelli tali da portare qualcuno ad invocare – più o meno inconsapevolmente - l’opzione “suicida” del commissariamento.

Denunciano la mancanza di lavoro e di sicurezza in città, si sentono abbandonati da tutti. In primis dalle istituzioni. E la sensazione è che sotto tiro, più che il sindaco in sé, sia l’intera classe politica. “E il presidente Pepe dov’è? Si è nascosto?” urla un giovane, chiamando in causa il presidente di Palazzo Dogana. Da Piazza Cavour a Corso Garibaldi, il corteo avanza rumoroso mentre la città, l’altra parte, chi non ha partecipato, si allarga per farli passare.  Li osserva. “Non credo che la responsabilità di questo degrado sia del sindaco Mongelli” il commento amaro di Antonio F, funzionario presso un istituto di credito. “Scontiamo oggi 15 anni di cattiva amministrazione. Se al posto di Mongelli ci fosse stato un altro, non avrebbe fatto differenza. Anche perché la responsabilità non è del singolo ma dell’intera comunità e di una classe dirigente che avrebbe dovuto svegliarsi prima. Ora, è chiaro, si è ad un punto di non ritorno. E certamente gli ultimi provvedimenti comunali stanno infliggendo il colpo di grazia”. Soluzioni alternative? Scrolla le spalle.  “Me le aspetto – dice - da chi stasera protesta. La città ha tutta la voglia di ascoltare”.


 

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