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Cronaca Orsara di Puglia

Dopo 25 anni, l’Orsara Jazz "chiude": “E’ arrivata l’ora che altri aggiungano i loro sforzi”

Dopo 25 edizioni e 11 summer camp, gli organizzatori dell’Orsara Jazz Festival annunciano la decisione di prendersi un anno sabbatico, ma non risparmiano qualche frecciatina agli enti locali

L’Orsara Jazz va in vacanza, o meglio, prende un anno sabbatico, per riflettere sull’opportunità di “un nuovo progetto del territorio un coinvolgimento più attivo dei soggetti (privati e pubblici) che hanno beneficiato negli anni di Orsara Jazz Festival e Orsara Jazz Summer Camp”. Un anno di pausa dopo 25 edizioni. “Abbiamo fatto da stimolo e da precursori per tanti anni, è arrivato il momento di far diventare questo capitale un patrimonio collettivo (Patrimonio immateriale della Comunità: convenzione UNESCO 2003), è arrivata l’ora che altri aggiungano i loro sforzi a quelli di una singola associazione che per troppi anni si è fatta carico di sopperire a mancanze, inefficienze, inerzia”.

Dopo venticinque edizioni del festival (fra gli altri: Evan Parker e Archie Sheep, Lee Konitz e Benny Golson, Bruno Tommaso e Maria Pia De Vito, Tom Harrell e Mark Turner, John Tchicai e Django Bates, Steve Grossman e Giancarlo Schiaffini, Kurt Rosenwinkel e Miroslav Vitous, Louis Sclavis e Michel Portal, William Parker e Marc Ribot, Ernst Reijseger e Michel Godard) e undici di dell’Orsara Jazz Summer Camp (Lucio Ferrara, Antonio Ciacca, Greg Burk, Greg Hutchinson e Rachel Gould, Lee Konitz e Jerry Bergonzi, Billy Harper e Jim Rotondi, Joe Farnsworth), cala il sipario, almeno per un anno. “Ne abbiamo fatte “di tutti i colori”: mettendo in relazione musica e pittura, poesia, cinema, letteratura, filosofia e architettura. Diverse generazioni sono cresciute e hanno appreso l’amore per la musica e la partecipazione grazie alle iniziative di Orsara Jazz. Tanti musicisti, tanti momenti epici, una storia che ha segnato, in un modo o in un altro, un territorio (quello della Daunia) e che ha contribuito a far nascere (o ri-nascere) tante belle realtà che oggi programmano stagioni concertistiche (Moody’s, Amici Jazz di San Severo fra le altre)”. Aggiungono gli organizzatori: “Senza dimenticare l’azione decisiva sulla formazione di un pubblico che nei primi anni ’90 era inesistente”.

La decisione è maturata per motivi di vario genere, così come confermato dagli organizzatori: “La storia ha i suoi corsi e anche i suoi ricorsi, e l’identità delle cose è un continuo, incessante agire, un interminabile relazionarsi con l’altro. Sentiamo il bisogno di cambiare delle cose, alcune paradossalmente a causa del troppo successo (pensiamo ai seminari internazionali, un vero e proprio fenomeno nel panorama italiano) altre per obsolescenza o per l’usura del tempo, altre ancora per consolidare e valorizzare di più il capitale di reputazione e di know-how accumulato negli anni. Approfitteremo di questa pausa per riflettere sulla nostra identità, sulle relazioni con gli altri, per ridefinire il nostro progetto e pensare a nuovi sviluppi. La cosa di cui abbiamo bisogno sicuramente è l’attenzione, il sostegno, i suggerimenti di tutti quelli che hanno apprezzato e vissuto le nostre iniziative”

Organizzatori che si congedano temporaneamente senza però risparmiare qualche frecciatina agli enti locali. “Non siamo per l’intervento pubblico a prescindere e senza finalità, ma troppo spesso tali Enti guardano al brevissimo periodo e si attestano su posizioni di retroguardia rispetto a patrimoni immateriali che qualificano e arricchiscono il vivere sociale e che producono ricchezza per il territorio. Così facendo, invece di investire per valorizzare questi patrimoni (come sarebbe doveroso) stentano, ripiegano su se stessi, bloccati, incapaci di relazionarsi e di esercitare quell’indispensabile ruolo di stimolo ed indirizzo generale che compete al servizio pubblico”. Infine “l’invito è ad attivarsi e partecipare da protagonisti ai processi di sviluppo culturale”-

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