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Cronaca Celenza Valfortore

Aperto da 70 anni, bar chiude "per mancanza di requisiti di sicurezza". La protesta coinvolge tutti e Antonio riapre

La protesta di Antonio Fabale, titolare dello Scarny Bar Tre, dove alcuni giorni fa un uomo ha aggredito degli avventori. La sua iniziativa ha ricevuto la solidarietà di tanti concittadini

Siamo a Celenza Valfortore, piccolo comune dei Monti Dauni di quasi 1600 abitanti (1581, dati Istat alla mano, ndr) che sorge nella valle del Fortore, al confine con il Molise.
Un paese dove tutti si conoscono, dove si vive una vita tranquilla. Una realtà nella quale, malgrado lo spopolamento sempre più robusto, resiste il forte senso di comunità. A Celenza si vive di piccole cose, da una semplice passeggiata alla chiacchierata nella piazza principale, o al tavolo di un bar. Semplicità che per i suoi abitanti, e non solo, rappresentano un tesoro da custodire gelosamente da ogni forma di “invasione” che possa intaccarla.

Ecco perché l’arresto di un 39enne, già noto per i suoi precedenti di polizia e per i ripetuti maltrattamenti nei confronti dell’anziano padre e della sorella, resosi protagonista di un’aggressione ai danni degli avventori all’interno di un bar, ha sconvolto l’intera comunità, ma anche suscitato l’indignazione di cittadini e dello stesso titolare del bar.

Lo Scarny Bar Tre è una delle istituzioni di Celenza. E’ un locale che lo scorso anno ha festeggiato i suoi 70 anni di attività, quando Umberto Michele Fabale, Michelina Marzano e Pasquale Fabale inaugurarono il mitico “Bar Dj Scarnecchj”. Un locale che, come afferma Antonio Fabale, nipote di Umberto Michele e attuale titolare, ha resistito ai duri anni successivi alle seconda guerra mondiale, vissuto il boom economico, la crescita e il declino di Celenza, senza mai perdere la sua identità, e restando “punto di riferimento per la vita sociale e il divertimento celenzano. Anche se il paese in fase di spopolamento, l’obiettivo resta quello di arrivare a quota 100”.

Da anni lo Scarny è un luogo di ritrovo per i Celenzani, ecco perché l’aggressione ha scosso l’ambiente, a partire dal suo titolare. “Purtroppo era una situazione che andava avanti da oltre un anno. Le intemperanze erano piuttosto frequenti”, fa presente Antonio Fabale. Epperò agli appelli e alle reiterate segnalazioni da parte dei cittadini a istituzioni e forze dell’ordine non stata offerta la giusta attenzione. Stando ai racconti di chi vive lì, l’uomo aveva già in passato mostrato la propria instabilità sia nei locali del paese che nella pubblica piazza. Ma piuttosto che giungere a una repentina soluzione, la situazione è peggiorata.

Fino alla rissa scatenata all’interno dello Scarny, quando l’uomo ha fatto irruzione aggredendo alcuni avventori. Un episodio, in seguito al quale, Antonio ha deciso di lanciare un segnale: “A quel punto non ci ho visto più e ho preso provvedimenti”. Una forma di protesta civile, un segnale forte, anche a costo di rimetterci soldi. Per oltre dieci giorni Antonio ha deciso di abbassare le serrande del suo bar, affiggendo sulla saracinesca un messaggio assai eloquente: “Chiuso per mancanza dei requisiti minimi di pubblica sicurezza”.

“L’ho fatto per lanciare un segnale, ma anche effettivamente non ero in grado di garantire l’incolumità mia né dei miei clienti”. Una decisione che per un attimo aveva assunto anche i crismi della definitività: “Sì, per un attimo lo spavento e la rabbia mi avevano indotto a non aprire più il bar”. Soluzione estrema da cui ha ben presto desistito. Il bar da alcuni giorni ha riaperto i battenti. Anche perché la protesta di Antonio non è rimasta isolata.

Tanti celenzani, amici e avventori, hanno raccolto le istanze del concittadino, e fatta propria la protesta. E così quel cartello ha cominciato a riempire le bacheche di centinaia di persone su Facebook, diffondendosi a macchia d’olio anche sugli altri canali social. “Io sto con Scarny Bar Tre”, il commento accanto al post, un gesto di vicinanza, solidarietà e amicizia. Tante persone che hanno deciso di fare rete, per non intaccare la serenità che caratterizza la vita nel piccolo centro. Tante persone che, come spesso accade nelle piccole comunità, nei momenti di difficoltà di un concittadino, ne raccolgono le istanze, si appropriano dei suoi bisogni, e soprattutto non volgono lo sguardo dall’altra parte.

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