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Cronaca

La lotta al caporalato parte dalle aziende, scoperto mini-ghetto dei braccianti sfruttati: "Vivevano tra muffa e sporcizia"

Per la prima volta sul territorio è stato utilizzato, in materia di sfruttamento bracciantile, lo strumento del controllo giudiziario. Agli arresti domiciliari due fratelli, titolare e dipendente dell'azienda agricola

Cambiano le strategie di contrasto al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento bracciantile nei campi di Capitanata. E non tardano ad arrivare i risultati. Lo dimostra l’operazione messa a segno all’alba di oggi, che ha rovesciato l’approccio investigativo, partendo dalle aziende per giungere ai braccianti sfruttati.

Così, i carabinieri - diretti e coordinati dalla Procura di Foggia - hanno scoperto un mini-ghetto all’interno di una azienda agricola familiare situata lungo la Statale 89, in Contrada Faranello, nel quale alloggiavano 24 uomini, tutti braccianti di origini africane, sfruttati nei campi e ospitati in condizioni di pericolo e di precarietà igienico-sanitaria. Per il fatto, è stata eseguita una misura di custodia cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di due fratelli, Domenico e Aldo Giordano, di 50 e 48 anni, rispettivamente titolare e dipendente dell’azienda, quest’ultimo ritenuto punto di riferimento per i braccianti impiegati.

VIDEO | Tutte le fasi del blitz anti-caporalato

Le due misure cautelari riguardano il reato di concorso di persone di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro aggravati. Per la prima volta sul territorio è stato utilizzato, in materia di sfruttamento bracciantile, lo strumento del controllo amministrativo-giudiziario. Ovvero, l’azienda passa nelle mani di amministratore di fiducia, designato dal Tribunale, con il compito di traghettare l’impresa verso la legalità, salvaguardando i posti di lavoro preesistenti e con l’obiettivo di assumere i lavoratori sfruttati. I braccianti, è emerso, vivevano stipati in alcuni container presenti all’interno dell’azienda agricola, vasta decine di ettari; alloggi privi di acqua, di servizi igienici funzionanti e di corrente elettrica (vi erano allacci abusivi e pericolosi cavi scoperti). Alcuni di loro, ora accolti dalla Comunità Emmaus in attesa di una nuova sistemazione, hanno dichiarato agli inquirenti di vivere in quelle condizioni da circa due anni. 

“Questo nuovo approccio è anche il frutto dei fallimenti delle precedenti indagini”, spiega il procuratore capo Ludovico Vaccaro. “Spesso si arrestava il caporale in flagranza, mentre trasportava i braccianti sui campi. Lo si faceva durante il tragitto, senza avere mai certezza della destinazione finale. Poi durante il processo, lo stesso si avvaleva della facoltà di non rispondere, l’imprenditore agricolo negava tutto e non si arrivava da nessuna parte. Adesso, invece, grazie alla Legge 199 del 2016, è stato possibile cambiare l’approccio investigativo, apportare una vera e propria rivoluzione copernicana”. Ovvero, mettere le aziende agricole al centro del sistema anti-caporalato e riconoscere i braccianti come vittime di un sistema più grande. Per questo motivo, è inoltre previsto uno speciale permesso di soggiorno per i braccianti sfruttati che decidano di denunciare i propri caporali, collaborando nel relativo procedimento penale.

L’attività odierna parte da un esposto presentato in Procura nel marzo scorso da Flai Cgil, nel quale venivano indicate alcune aziende con preoccupanti indici di anomalie in materia di assunzioni. La conseguente attività investigativa - realizzata attraverso intercettazioni, riprese con droni, camere termine e visori notturni - ha portato ai primi riscontri. Accertate quindi le condizioni di precarietà estrema in cui vivevano i braccianti, dentro e fuori dai campi. Nel dettaglio, è stato accertato che gli stessi erano retribuiti 5 euro all’ora, costretti a lavorare per 8 ore ogni giorno, senza pause. Dal salario, poi, venivano scalati 40 euro mensili per l’alloggio fornito. “Si tratta di una attività molto importante”, ha puntualizzato il comandante provinciale dei carabinieri di Foggia, col. Marco Aquilio, “portata a termine da una task force di uomini fortemente motivati che vede insieme i militari delle stazioni, i carabinieri del Nil ed i ‘cacciatori’. Una formula che, anticipo, verrà presto raddoppiata perché stiamo già formando la seconda squadra anti-caporalato che lavorerà sul territorio a partire dal 20 luglio”.

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