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Cronaca

Paura e violenza, amministratori pugliesi nel mirino: quelli foggiani i più minacciati e intimiditi

537 intimidazioni nel 2017. La Puglia quarta regione in Italia nel report di Avviso Pubblico. La provincia di Foggia prima nella regione, seguono Bari e Lecce

Nel 2017 si sono consumati 537 atti intimidatori ai danni di amministratori locali. Una minaccia ogni 16 ore, praticamente. E per la prima volta il dato ha visto coinvolte tutte le Regioni italiane, 78 province e 314 Comuni. Numeri che fanno segnare un + 153% rispetto al primo censimento, nel 2012.

Con 70 casi la Puglia è al 3^ posto nella classifica nazionale, appaiata con la Calabria, subito dopo Campania (la più colpita con 86 casi censiti) e Sicilia (79), e seguita da Sardegna (48) e Lombardia (28). La provincia di Foggia, invece, è  prima a livello regionale: 17 casi nel 2017. L’ultimo qualche giorno fa nei confronti del sindaco di Monte Sant’Angelo, Pierpaolo D’Arienzo. Addirittura la Capitanata è 6^ provincia a livello nazionale. Per la grave sottovalutazione perpetrata nel tempo, Avviso Pubblico la considera non un metafora, ma un banco di prova per lo Stato. Ed è su questo territorio che sarà puntata l’attenzione domani a Molfetta, dove l’associazione che dal 1996 riunisce gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità, contro le mafie, ha deciso di presentare il suo ultimo report: Amministratori sotto tiro - anno 2017, Foggiatoday è in grado di anticiparvene i contenuti nello specifico.

Anzitutto va detto che il 69% degli atti intimidatori si concentra al Sud e nelle isole. Esaminando, poi, i casi censiti si è potuto constatare che resta immutato, rispetto al 2016, il profilo tipo dell’Amministratore sotto tiro: ricopre la carica di sindaco di un Comune medio - piccolo del Sud Italia, con una popolazione fino a 50mila abitanti, a cui ignoti bruciano nottetempo l’auto parcheggiata in una via pubblica situata nei pressi dell’abitazione o nel cortile di casa (l’incendio si conferma la minaccia più utilizzata, seguita da messaggi  e biglietti minatori). Il 13% delle intimidazioni è stato rivolto nei confronti di donne, minacciate con le stesse metodologie utilizzate per gli uomini. 1 minaccia su 4 non ha matrice criminale ma è il prodotto del malcontento suscitato da una azione amministrativa sgradita e da una richiesta inevasa di sussidio economico.  “L’11% si riferisce invece a casi di “violenza politica”, in un periodo storico in cui in Italia alcuni estremismi dal sapore antico sono tornati a farsi sentire su alcuni territori del Paese” scrive Avviso Pubblico, che segnala come “Nel 21% dei casi sopra citati, la possibilità di accogliere degli immigrati e/o una loro presenza sul territorio, percepita come eccessiva da parte della popolazione, ha creato tensioni che sono sfociate anche in intimidazioni e minacce verso gli amministratori locali”.

La Puglia

Dopo aver fatto registrare nel 2016 uno dei dati più bassi degli ultimi anni, la Puglia fa segnare nel 2017 una nuova recrudescenza, con + 37% rispetto all’anno precedente. Atti intimidatori aumentati sensibilmente nel barese, che passa dai 9 del 2016 ai 16 del 2017; 13 casi censiti in provincia di Lecce (ad Ugento colpi di pistola contro l’auto del sindaco Massimo Lecci e le tre intimidazioni ravvicinate all’assessore di Casarano Antonio Fracasso: l’incendio di un uliveto, il rogo dell’auto della moglie e l’avvelenamento di due cani); situazione tesa anche nella provincia di Barletta-Andria-Trani, con 11 casi censiti rispetto ai soli quattro dell’anno precedente e reiterate intimidazioni a Trinitapoli (il sindaco Di Feo ha visto andare a fuoco l’auto della moglie) e a Margherita di Savoia (intimidazione contro il sindaco Paolo Marrano, mediante il tentativo di incendio del suo garage). Sette casi censiti in provincia di Taranto, dove è finita nuovamente sotto tiro la vicesindaco di Leporano Iolanda Lotta, dopo le intimidazioni già subite nel 2015. In calo le intimidazioni nella provincia di Brindisi (sei casi), ma ancora nel mirino il sindaco di Carovigno Pasquale Brandi. 

Le relazioni della Direzione Investigativa Antimafia sottolineano come il contesto pugliese nel suo insieme continui a presentare aspetti molto fluidi, rappresentati dall’esistenza di una pluralità di gruppi diversi, spesso organizzati su base familiare. La DIA rimarca per molti di essi un’assenza di strategia a lungo termine e una forte vocazione alla violenza. Nella provincia di Bari si registra una particolare fibrillazione di giovani leve criminali e non vi è dubbio sulla loro natura mafiosa, emersa da evidenze investigative che hanno certificato dei riti di affiliazione. “La BAT è, invece, caratterizzata dalla presenza di gruppi malavitosi che, sfruttando un forte legame con il territorio, esprimono una propria autonomia operativa nonostante le decise influenze criminali derivanti dai gruppi di Cerignola, assieme ai quali si associano, sovente, per la gestione delle attività illecite” quali estorsioni, ricettazione, riciclaggio e traffico di stupefacenti”.

La provincia di Foggia:  banco di prova per lo Stato

Un territorio che merita un’attenta analisi e una maggiore attenzione da parte della politica nazionale è la provincia di Foggia, prima per numero di intimidazioni censite in Puglia (17) e al sesto posto della graduatoria nazionale. Da anni si assiste ad una recrudescenza degli atti violenti sul territorio, non solo verso gli amministratori locali, ma nei confronti dell’intero tessuto sociale. Solo negli ultimi tempi lo Stato e i mezzi di informazione nazionali hanno preso coscienza della dilagante pervasività delle mafie foggiane.   

Le inchieste della magistratura fotografano l’esistenza di tre strutture criminali che operano nella provincia. La 'Società Foggiana', radicata nel capoluogo e nei comuni del centro-nord della provincia, strutturata in “batterie che fanno diretto riferimento ad un vertice costituito da personaggi carismatici del crimine locale”. Una seconda, attiva a Cerignola e nei comuni del sud della provincia, denominata 'Piarulli-Mastrangelo-Ferraro'. Una terza, che domina l’area del Gargano, denominata 'Clan dei Montanari'. 

Questi cartelli esercitano un controllo feroce del territorio, in cui l’utilizzo della violenza è costante. In questo scenario, dove spicca l’alto numero di lupare bianche, ovvero la scomparsa nel nulla di persone il cui corpo non viene mai più ritrovato, si aggiunge un atteggiamento diffuso di omertà tra la popolazione e l’assenza di collaboratori di giustizia, oltre alla capacità dei clan di coniugare “modelli culturali del territorio di origine e modernità”. “Il territorio di Foggia è un territorio ad altissimo livello di illegalità e, allo stesso tempo, caratterizzato dalla presenza di alcune realtà di eccellenza” dichiarò nel 2014 l’allora Prefetto Luisa Latella alla commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali. 

“Sul territorio di Foggia sono presenti ben 10 multinazionali e anche tanta imprenditoria piccola e media di ottimo livello, sia a livello agricolo che industriale. Vi è però anche una fascia amplissima di popolazione molto povera, che vive in gran parte di contribuzioni e in condizioni di forte difficoltà economica e sociale. In un territorio ad alto tasso di illegalità, dove è presente anche molta criminalità organizzata, sia comune sia di stampo mafioso, ciò crea una miscela esplosiva”.              

Un’altra caratteristica dimostrata dalle organizzazioni mafiose presenti nel foggiano è quella di infiltrarsi nel tessuto politico-amministrativo. Significativo in tal senso lo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Monte Sant’Angelo, decretato a luglio del 2015 dal Consiglio dei Ministri, a seguito di due inchieste denominate 'Blauer' e 'Rinascimento'. Si tratta del primo scioglimento decretato nella provincia di Foggia da quando nel 1991 è stata introdotta la normativa, cui ha fatto seguito, il 16 marzo 2018, analoga decisione per il Comune di Mattinata

I cartelli criminali del foggiano hanno lasciato dietro di sé una lunga scia di sangue, anche nel 2017, con almeno 15 omicidi di possibile matrice mafiosa. Tra questi la strage del 9 agosto a San Marco in Lamis, finita all’attenzione delle cronache nazionali, che ha visto assassinati il boss Mario Luciano Romito, suo cognato e due contadini innocenti, i fratelli Luigi e Aurelio Luciani, freddati perché testimoni degli omicidi o per uno scambio di persona.

Il 2017 sul territorio foggiano racconta anche di una nuova guerra di droga, scoppiata per il controllo del traffico di stupefacenti proveniente dall’Albania, a cui sarebbero collegati gli omicidi sopra citati. Sono aumentate le rapine - che vedono tra i protagonisti molti adolescenti che con i proventi finanziano la loro dipendenza dalla droga - le estorsioni e il sequestro di sostanze stupefacenti (116 chilogrammi, ammontare raddoppiato dal 2016). 

Paura e violenza sono il pane di cui si è nutrito per troppo tempo il territorio della provincia di Foggia. “Lo Stato deve perseguire sulla strada intrapresa negli ultimi tempi, rafforzando la propria presenza su un territorio finito per anni nel dimenticatoio, presenza che ha già prodotto nel corso dell’ultimo anno un aumento delle denunce per estorsione” scrivono gli amministratori di Avviso pubblico, che richiamano  quanto affermato dalla Commissione parlamentare antimafia nella sua Relazione di fine legislatura: “Perché una criminalità discontinua e dotata di modesto retroterra sociale ha potuto impunemente crescere in un capoluogo di provincia e in una delle più pregiate aree turistiche del Paese? Bisognerebbe dedurne che chi doveva generare l’allarme sia rimasto vittima del classico e disastroso pregiudizio secondo cui qui ‘la mafia non esiste’. Che sia prevalsa un’inclinazione collettiva al quieto vivere… Foggia diventa dunque metafora di una lunga e diffusa storia d’Italia. Storia di cessione di spazi, di sottovalutazione, di rimozione, d’incapacità di contestare in tempo reale la pretesa accampata da associazioni criminali di esercitare una giurisdizione territoriale alternativa… Da sole non bastano le pur importanti visite di esponenti delle istituzioni, per stroncare quel che si è lasciato crescere negli anni. Occorre invece, per riuscirvi, un impegno corale e sistematico, ormai necessariamente di lungo periodo. Foggia non è solo una metafora, Foggia è un banco di prova”.

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