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Cronaca

"Il fatto non sussiste", tutti assolti (anche Lanza e Antoniello): ribaltata in secondo grado la sentenza del processo 'Baccus'

La Corte d’appello di Bari dispone 8 assoluzioni (tra cui quella per Vito Bruno Lanza e Cesare Antoniello), mentre altri due nomi sono stati depennati perché deceduti nel frattempo. Il blitz di polizia e finanza risale all'estate 2012

“Il fatto non sussiste”. Così il processo ‘Baccus’- che vedeva alla sbarra anche nomi pesanti alla mafia foggiana - si risolve in una bolla di sapone. Ribaltata la sentenza di primo grado, la Corte d’appello di Bari dispone otto assoluzioni (tra cui quella per Vito Bruno Lanza, esponente del clan Moretti-Pellegrino-Lanza, e Cesare Antoniello) mentre altri due nomi sono stati depennati perché deceduti nel frattempo.

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Pesanti le accuse mosse (a vario titolo): usura e tentata estorsione, associazione per delinquere finalizzata a una truffa milionaria a Unione Europea ed Erario nel settore vitivinicolo e false fatturazioni, con la contestazione dell’aggravante della mafiosità, riconosciuta in primo grado, per tre imputati.

Tutto ribaltato in secondo grado. Insieme al 59enne Antoniello e al 66enne Lanza, sono stati assolti anche la figlia Luigia Lanza, Pasquale Di Mattia e Michele Carella. Con loro anche Teodosio Pafundi, Valter Cocozza e Alessandro Carniola. Prescrizione per un 57enne di Cerignola.

Gli imputati - secondo quanto ricostruito da polizia e guardia di finanza che firmarono il blitz nel giugno 2012 - erano accusati di aver messo in circuito denaro liquido che veniva trasportato al Nord, presso un’azienda del Ravennate, per un importo corrispondente ad una serie di fatture false emesse da cartiere foggiane legate all’organizzazione, al netto dell’IVA.

Il denaro inviato, ma maggiorato dell’iva, tornava poi alla criminalità organizzata foggiana attraverso bonifici che l’azienda effettuava in favore delle cartiere foggiane, a pagamento delle fatturazioni ancora una volta fasulle. Per le operazioni commerciali create “a tavolino”, l’azienda otteneva indebiti rimborsi fiscali, calcolati per oltre 11 milioni di euro, oltre a circa 18milioni di euro per illeciti contributi comunitari.

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