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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Rione dei Preti / Viale Candelaro

Foggia, operazione 'Malavita 2': ecco dove e come funzionava la "centrale dello spaccio"

Per gli inquirenti la base logistica e operativa per la divisione ed il confenzionamento dello stupefacente era l'abitazione della famiglia Perdonò al rione Candelaro, a Foggia

Emergono ulteriori dettagli in merito all’operazione 'Malavita 2' messa a segno all’alba di oggi, a Foggia. I carabinieri del comando provinciale di Foggia, che hanno lavorato nel blitz congiuntamente agli uomini della squadra mobile, hanno definito “allarmante” il bilancio dell’inchiesta “che ha avuto come epicentro il quartiere Candelaro di Foggia”.

Oltre 78 gli episodi totali di spaccio accertati dagli investigatori che hanno riguardato 1,200 kg di cocaina, per un giro di affari stimato intorno ai 20.000 euro mensili. Le indagini sull'omicidio di Giuseppe Genzani, scaturito nell’ambito della contrapposizione tra le batterie mafiose dei “Sinesi-Francavilla” e dei “Moretti-Pellegrino”, hanno portato alla ribalta del panorama criminale gli odierni arrestati, ovvero Antonio Salvatore, Guido Siani, Francesco Pesante e i fratelli Giuseppe e Raffaele Perdonò, indicati come i “ragazzi di Sinesi”.

Si tratterebbe quindi di giovani intenzionati a farsi strada nel panorama criminale foggiano. Già nelle prime intercettazioni avviate nell’aprile del 2011, emergevano i primi indicatori del traffico di droga a carico degli indagati, ma la svolta significativa si aveva con l’individuazione della “base operativa” del sodalizio: l’abitazione dei Perdonò.

Le indagini hanno consentito di ascrivere agli indagati, con differenti profili di responsabilità, inconfutabili elementi di responsabilità, ovvero la costituzione di un sodalizio dedito alla sistematica acquisizione e cessione “al minuto” di rilevanti quantitativi di cocaina acquistati attraverso il reimpiego di capitali provenienti da rapine. La cocaina veniva immessa sul mercato foggiano dal Salvatore, capo ed organizzatore del sodalizio.

Egli provvedeva a rifornire di cocaina il suo gruppo tramite fornitori inquadrati nel clan di appartenenza, decideva i prezzi di vendita delle singole dosi e provvedeva al pagamento dei fornitori stessi, dopo aver fatto i conti con i sodali ed aver verificato la consistenza della cassa comune. La cocaina veniva portata direttamente dal Salvatore, detto “Lascia lascia”, nell’abitazione dei Perdonò ove veniva lavorata, tagliata, pesata e confezionata in dosi da tutti i sodali. Dello spaccio, invece, si occupavano i fratelli Perdonò, Siani e Pesante.

MALAVITA 2: NOMI E FOTO ARRESTATI

Al fratello Giuseppe, principale collaboratore del Salvatore, era inoltre affidata la contabilizzazione e la gestione dei proventi illeciti. Lo stesso controllava l’andamento dello spaccio e delle dosi ed interveniva nei confronti dei sodali quando non vendevano abbastanza. Essendo l’abitazione la base operativa del gruppo, essa era conosciuta dagli acquirenti come centrale dello spaccio.

Entrava così in gioco la padrona di casa, la quale provvedeva a ricevere i clienti e cedere loro, quando disponibile in casa, la dose richiesta; in caso contrario avvisava i figli o il Siani – detto “Recchie a Cingomma” - affinché rientrassero per soddisfare le richieste dell’acquirente in attesa. La Pollidoro, inoltre, coadiuvava gli altri indagati occultando gli strumenti destinati al confezionamento, manteneva la contabilità delle dosi di cocaina confezionate e disponibili, essendo a conoscenza di tutti i luoghi di occultamento della stessa. Inoltre custodiva i proventi dell’attività del sodalizio su di un libretto postale a lei intestato.

Il senso di appartenenza al “clan” secondo regole precise induceva i membri del gruppo a pensare di destinare parte del ricavato delle attività illecite al mantenimento dei detenuti in carcere. Gli arrestati disponevano di numerose utenze cellulari ed avevano adottato un linguaggio in codice: per indicare i quantitativi di cocaina venivano utilizzati i termini ‘mezzo’, ‘busta’ e ‘pietra’.

In particolare il termine ‘pietra’ serviva per indicare un unico involucro contenente dai 10 ai 20 grammi di cocaina; mentre le parole ‘mezzo’ o ‘busta’ servivano per indicare le singole dosi che avevano un peso di 0,5 grammi. Caratteristica dell’associazione indagata è la disponibilità di armi da sparo. In tal senso è stata riconosciuta l’aggravante dell’associazione armata. In ultimo, l’indagato Giovanni Perdonò, padre di Giuseppe e Raffaele, risponde in concorso con i familiari di condotte agevolatrici dello spaccio della cocaina.

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