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C'era una volta il Foggia

C'era una volta il Foggia

A cura di Alessandro Tosques

Quando il Foggia degli 'sconosciuti' superò la Juventus: così il calcio consacrò il boemo e Zemanlandia

Una salvezza tranquilla con giocatori presi dalla serie C e dalla serie B. Allo Zaccheria 2 a 1 alla Juventus di Trapattoni grazie alle reti di Bresciani e Mandelli

L’inizio della stagione 1992/93 non fu proprio come ce lo si aspettava. Casillo aveva smantellato la squadra che alla ‘prima’ in serie A era stata capace di incantare un Paese intero, e preso piede prepotentemente sulle prime pagine dei giornali.

E dunque, via alle cessioni: Matrecano al Parma, Shalimov all’Inter, Barone al Bari, Picasso alla Reggiana, Tommaso Napoli al Cosenza, Porro al Bologna. La diaspora di talenti non risparmiò neppure il trio delle meraviglie Rambaudi-Baiano-Signori. Il bomber partenopeo andrà alla Fiorentina a far coppia con un certo Gabriel Batistuta, l’ala destra passerà all’Atalanta, prima di ricomporre per due terzi il trio d’attacco insieme a Beppe Signori, che con la maglia della Lazio diventerà uno dei dieci bomber più prolifici che il calcio italiano ricordi. Soltanto Franco Mancini, Dan Petrescu, Grandini e Kolyvanov furono risparmiati.

Casillo incassò più di 50 miliardi (per intenderci, oltre 25 milioni di euro odierni, cifre spropositate all’epoca). Per allestire la squadra ne impiegò assai meno, 2 e mezzo per prendere Bryan Roy dall’Ajax, di cui abbiamo già parlato. Ci fu anche l’antipatica situazione che coinvolse quattro giocatori, Rosin, Consagra, Codispoti e Padalino, messi fuori rosa. I primi tre otterranno lo svincolo d’ufficio. Il difensore foggiano invece verrà dirottato a Bologna e poi a Lecce, prima di tornare a Foggia nell’anno della retrocessione. Con questo scenario, la piazza fu quasi autorizzata a mugugnare e temere che un giocattolo così bello e prezioso si stesse già rompendo.

Anche perché Peppino Pavone prese Gigi Di Biagio e Paolo Mandelli dal Monza (Serie C1), Giodano Caini dal Catania (Serie C1), Nicolò Sciacca dal Trapani (Serie C2) Giuseppe Fornaciari e il portiere Mauro Bacchin dal Barletta (Serie C1), Beppe Di Bari dal Bisceglie (Serie C2), Andrea Seno dal Como (Serie C1), Pasquale De Vincenzo dalla Reggina (Serie C1), Oberdan Biagioni dal Cosenza (Serie B), Davide Bianchini dalla Lodigiani (Serie C2), la meteora costaricana Hernan Medford dal Rayo Vallecano (Serie B spagnola), Pierpaolo Bresciani dal Palermo (Serie B).

“Ma chi sono?”, l’interrogativo sorse spontaneo, ma in tanti avevano dimenticato che anche i fenomeni appena ceduti, arrivarono come semisconosciuti. Ma adesso si era in serie A, e le promesse di Casillo fatte in estate (garantì che la squadra sarebbe stata potenziata) erano state puntualmente disattese. I primi risultati non fecero altro che dar ragione ai pessimisti cronici. Una sconfitta onorevole a San Siro col Milan, seguita dalle quattro pere prese allo Zac dal Napoli, dopo una notte d’inferno (ignoti entrarono in campo segando i pali delle porte e devastando il manto erboso). Sdengo, che per qualche giorno aveva pensato alle dimissioni, continuò a lavorare. La svolta arriverà, pensò. Pavone ne era sicuro. Dopo aver raccolto la miseria di 5 punti in 9 partite, il risveglio arrivò con la Lazio del figliol prodigo Signori, che segnerà soltanto il gol della bandiera nel 2-1 finale. Non fu un fuoco di paglia, perché i rossoneri concessero il bis la settimana seguente col Pescara, andò a pareggiare al Delle Alpi col Toro di Mondonico, prima di ricevere la Juventus.

È domenica 13 dicembre 1992. A Foggia arriva la Juventus, che da qualche mese ha riaccolto sulla propria panchina Giovanni Trapattoni, di ritorno dall’Inter. A uno dei più grandi e vincenti allenatori italiani, i bianconeri affidarono il compito di riemergere dopo il fallimento di Maifredi. La squadra è forte, con i tedeschi Kohler e Moeller, un giovane Peruzzi in porta, il talento incommensurabile di Roby Baggio a supporto di Gianluca Vialli, appena acquistato dalla pluridecorata Samp di Mantovani e Boskov. Non lo sarà a sufficienza per competere con l’inarrivabile Milan di Capello, ma riuscirà a far sua la coppa Uefa.

Quando la ‘Signora’ giunge in Capitanata, i bianconeri sono terzi, il Foggia quartultimo. La differenza in campo non si noterà. Il Foggia parte subito forte, con il suo gioco avvolgente, il pressing furioso e le verticalizzazioni improvvise. Zona estrema, contro la tradizione italiana. Il Trap non può contare sul Divin Codino, ma manda in campo Di Canio, Vialli, Moeller e Casiraghi. Non proprio gli ultimi arrivati. In campo c’è anche un certo Antonio Conte. Il primo quarto d’ora è un monologo rossonero. La Juve ci capisce poco, Peruzzi ci mette una pezza in più di un’occasione. Il risveglio dei bianconeri coincide con il primo cambio forzato, quando ‘Sdengo’ deve richiamare l’infortunato Roy per Mandelli.

L’equilibrio non si arresterà fino alla fine della prima frazione, grazie anche a un salvataggio sulla linea di Sciacca. Nella ripresa, però, si scriverà la storia. E’ il 5’, Seno recupera palla e la smista subito per De Vincenzo, che la appoggia al vicino Biagioni. A quel punto Bresciani ha già chiamato il taglio, l’assist è perfetto, la linea difensiva della Juve spaccata a metà. Il sinistro del talentuoso esterno annichilisce Peruzzi, il boato dello Zaccheria è roba da impazzire. Cinque minuti dopo è di nuovo festa: stavolta è Mandelli a beneficiare dell’ennesima perfetta azione in verticale, uccellando Peruzzi con un dolcissimo lob di esterno. Foggia in cielo, Juve all’Inferno. L’arbitro Pezzella, che regalerà un rigore alla Juve realizzato da Ravanelli, e la tardiva reazione dei bianconeri non bastarono a evitare il tracollo. Vince il Foggia. La ‘Signora’ capitolerà nuovamente due anni dopo, e delle grandi sarà l’unica a perdere con i rossoneri (l’Inter venne sconfitta solo in Coppa Italia) nei quattro campionati che i rossoneri disputarono nella massima serie. 

Al termine della gara Andrea Seno, uno degli artefici di quel trionfo, rivelerà una frase che il mister rivolse ai giocatori durante l’intervallo: “Avete fatto riscaldamento, ora potete cominciare a giocare”. Secondo alcuni, tra i quali il sottoscritto, con quel 2-1 si scrisse la prima pagina di Zemanlandia. O quanto meno un capitolo speciale, il più affascinante senza dubbio. Perché il primo Foggia era infarcito di futuri campioni. La vera impresa fu quella di conquistare una comoda salvezza con una squadra di autentici sconosciuti, per il cui allestimento Pavone attinse alle categorie inferiori. Un film da Oscar realizzato con attori esordienti. E il ricordo di quella partita, è per me il miglior modo per rendere omaggio al regista di quel film. Un uomo che oggi compie 70 anni, compleanno condiviso proprio con una delle sue più belle creature (Il Foggia oggi compie 97 anni, ndr) e che ha ancora la stessa voglia di allenare, di insegnare calcio. Dove, non importa.

Tanti auguri mister.  

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